Decreto Caivano: punire non equivale a educare
La beffa è che il Decreto si chiama “Caivano”. Così una pensa che contenga misure di contrasto al degrado, alla dispersione scolastica, al disagio, dispiegando un esercito di assistenti sociali ed educatori, articolando un piano di sostegno anche economico alle periferie disastrate delle nostre città.
Invece è l’associazione Antigone a spiegare nel suo settimo rapporto sulla giustizia minorile in Italia che il Decreto Caivano ha prodotto solo arresti più facili e più carcere. Sono già 500 infatti dall’inizio dell’anno i ragazzi detenuti negli Istituti penali minorili, molti dei quali stranieri arrivati in Italia da soli. In proiezione, è un dato destinato a sbriciolare ogni record nel corso del 2024.
Questo stravolgimento del codice di procedura penale minorile del 1988 è insensato. Crea sovraffollamento nelle carceri minorili, a Torino per esempio la direzione ha dovuto mettere dei materassi a terra per qualche giorno. Non sortisce neanche effetti sui numeri della criminalità giovanile.
Alla base c’è la convinzione cara alla destra, benché contraddetta dai dati, che punire equivalga a educare. Di conseguenza, non c’è nessuna attenzione ai percorsi di recupero perché si ritiene che sia la pena stessa a essere educativa.
La destra è ultragarantista quando si tratta di abolire il reato di abuso d’ufficio, di svuotare quello di traffico di influenze, di mettere in discussione le intercettazioni telefoniche, imbavagliare la stampa e rendere più complicato procedere nei casi di corruzione. Ma la stessa destra poi fa le leggi contro i rave, trasforma da amministrativo a penale il reato di blocco stradale per colpire i giovani di Ultima Generazione.
Insomma, la loro idea di società resta sempre la stessa. Profondamente classista, con i privilegi di ricchi e potenti a fare da contraltare alla ferocia contro gli ultimi. Anche contro ragazzi molto giovani che invece di finire con tanta facilità in carcere dovrebbero essere allontanati dalla strada con politiche sociali di prevenzione e di sostegno di cui non si vede nemmeno traccia, a dispetto dei nomi accattivanti dei decreti legge.