Giovedì, 30 Gennaio 2025

I parenti terribili di Dini e l'overdose di modernità

Filippo Dini è uno abituato a mettere in scena la trasgressione delle convenzioni e dei legami istituzionali, confrontandosi con testi complessi – come "Casa di bambola" di Ibsen, tra gli altri – e riuscendo a riconsegnarli sul palco in maniera totalmente contemporanea.

Lo fa anche con “I parenti terribili” di Jean Cocteau e trasportando quello che l’autore francese scrisse nel 1938 in un contesto dei giorni nostri, con un linguaggio che ondeggia tra il dramma e la pungente ironia, grazie anche alla nuova traduzione di Monica Capuani. In scena al Bellini fino a domenica 2 febbraio, la piéce racconta di una famiglia “disfunzionale” fino all’estremismo, con una mamma tendente all’incesto, un figlio bamboccione e manipolatore, un marito traditore, una zia che mantiene gli equilibri per il proprio amore perduto (sposato dalla sorella), una fidanzata che è la ragazza del figlio e la mantenuta del padre. È un puzzle di bugie e di morbosità, dove si potrebbero scomodare i miti greci (che Cocteau dichiaratamente rimaneggia) o, meglio, la psicanalisi freudiana, per sondare cosa possa legare tanto Yvonne (Mariangela Granelli) al figlio Michel (Cosimo Grilli) tanto da rendere il loro un rapporto uomo-donna e non madre-figlio: lui che la chiama “Sophie” e gioca con l’incapacità della mamma di emanciparsi dal figlio, sguazza nella sua morbosità, la rende schiava d’amore. Lei che sostituisce con l’unico figlio il rapporto fallimentare con il marito, Georges (Filippo Dini) che ha sposato sottraendolo alla sorella Léonie (Milvia Marigliano) ma che disprezza nel profondo, perché è uomo fragile, evanescente, inconcludente e sottilmente cattivo. Lo dimostra innamorandosi di una ragazza poco più grande del figlio, Madeleine (Giulia Briata), che lega a sé con una bugia (racconta di essere vedovo e di aver perso una figlia, che lei tanto gli ricorda)  e poi, quando scopre che lei è fidanzata “anche” con Michel, la ricatta brutalmente. Non ci sono innocenti in questo gruppo di pazzi che vivono sotto lo stesso tetto e che potrebbero, tranquillamente, spopolare sui social coi loro intrighi e la loro furia d’amore animalesca. Ci sono invece tutte relazioni manipolatorie, che Dini, con una regia disinvolta, da chi, in fondo, se la ride, emancipa dagli eccessi di drammaticità cui rischiano tutti di cadere, per arrivare ai limiti della farsa e del grottesco. E li rende in modo superbo nei duetti con zia Léonie che sta lì a fare la tappezzeria vivente delle esistenze degli altri ma bramando, da sempre, di riconquistare il “suo” Georges – straordinaria quando canta “Tornerai” di Dalida – mentre l’unico personaggio “vero” nella sua determinazione d’amore sembra essere Yvonne, mamma possessiva, tossica e malata, isterica e autolesionista, iperbole di tutte le mamme del mondo che non lasciano andare i figli al loro destino.

E se la prima del 25 febbraio è stata affollatissima nonostante ci fosse Napoli-Juventus in scena allo stadio in contemporanea, vale la pena andarlo a vedere, questo spettacolo, perché regge in ogni suo momento, con un’overdose di modernità, senza mai stancare.

Ida Palisi
Author: Ida Palisi
Giornalista professionista, esperta di comunicazione sociale, dirige l’Ufficio Comunicazione Gesco. Collabora con il Corriere del Mezzogiorno per le pagine della Cultura.

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