La Mamma
La Mamma è un personaggio enorme a Napoli.
La madre partenopea è una figura a tutto tondo, un femminile arcaico e nazional popolare che si occupa dei figli anche quando crescono, che cucina e prepara i pranzi della domenica, una madre che cura e che presiede ai reami del cuore.
Madre ingombrante, a tratti invasiva, che si realizza attraverso quei figli a cui ha dato la vita e che quindi chiede riscatto, presenza e scambio, in un do ut des che può lasciare svuotati.
La Madre è in assoluto l’icona più difficile da raccontare.
Convivono in lei le contraddizioni più forti, l’ambiguità, e il doppio aspetto della Madre buona e della Madre terribile, della Madre accudente e della Madre castrante.
A lei fanno capo tutte le future felicità del figlio e ogni sua frustrazione, attraverso quel legame si sviluppa la sana capacità di amare e la maledizione, l’accoglienza e il dono, la vendetta e il rancore.
La Mamma poi è davvero un’iconografia trasversale, comune a culture diverse…
La Madre napoletana, ad esempio, nell’immaginario comune è molto vicina alla Madre raccontata da Woody Allen in “New York Stories”, nell’episodio Edipo relitto.
Mamma ebrea così apprensiva, invadente e onnipresente che non solo si intrufola nelle storie sentimentali del figlio adulto e psicologicamente ancora dipendente, ma quando a uno spettacolo di prestigio finisce nella cassa chiusa del mago e poi sparisce, dopo qualche giorno si materializzerà nel cielo di New York in “mondovisione” e inizierà a discorrere del figlio con tutti i passanti raccontando nei minimi particolari i dettagli della vita privata di quel figlio timido, schivo e perennemente sua appendice.
La mamma che imperversa in cielo resta un simbolo esilarante che solo l’ironia dissacrante di Woody Allen poteva raccontare.
A Napoli la Madre è Filumena Marturano che salva i figli da morte sicura e li protegge persino dal padre, “i figli so’ figli!” le sussurrerà la Madonna all’angolo della strada attraverso la voce di una delle tante donne vocianti della Napoli verace e plebea.
Filumena, quella che si fa sposare da Domenico Soriano per dare un nome ai figli, gli dirà in codice “uno e chill tre è figlio a te!” e poi in un monologo struggente racconterà i segreti del rapporto della madre col proprio figlio, cioè che i figli sono veramente figli quando sono piccoli e ti saltano tra le braccia, sono quelli che ti danno preoccupazione se sono ammalati e li vedi così piccoli e fragili, quelli che ti corrono incontro col nasino e le mani fredde e vogliono “a bella cosa”… Ma dopo?
O quell’altra grande Madre eduardiana, Concetta di “Natale in casa Cupiello” che fino all’ultimo nasconde al marito i drammi della figlia… Lo fa per far restare il marito Lucariello nel suo mondo dorato dove esistono solo il Presepe, i pupi e la colla per dare vita alla nascita magica.
O la madre di Napoli Milionaria che in tempi di guerra pratica la borsa nera e per il presunto benessere materiale della famiglia non conosce più i limiti di bene e male…
Madre al di là di ogni comune definizione, molto simile alla città, terra di contrasti e di inaspettate meraviglie..
Festa della Mamma: ma infine cosa festeggiamo il 14 maggio?
Credo e auspico che si festeggi il senso profondo del materno, molto al di là del genere e del ruolo, cioè l’appartenenza.
Siamo tutti madri di qualcuno e figli a nostra volta di un materno.
Nell’Astrologia tibetana si dice che ogni elemento dalla Terra, al Fuoco, all’Aria, all’Acqua è contemporaneamente figlio e madre, quindi ogni cosa dipende da qualcos’altro che genera a sua volta un’altra cosa.
Se solo ce ne ricordassimo finirebbero tutte le guerre, gli scontri e le divisioni…
Siamo tutti figli di un’accoglienza, di uno spazio d’amore. Di un’interdipendenza.