Terra dei Fuochi: si guarda al futuro
In un angolo troppo spesso dimenticato del Sud, tra Caserta e Napoli, esiste un territorio segnato da un dramma ambientale e umano di proporzioni inimmaginabili: la Terra dei Fuochi.
1076 kilometri quadrati, 57 comuni, un'area di sofferenza, abbandono e ingiustizia: i suoi abitanti sono vittime silenziose di un crimine che sembrava non avere colpevoli.
Nelle ultime ore, una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha squarciato il velo di silenzio e di indifferenza: l’Italia è stata condannata per la sua inerzia di fronte al dramma di una terra che per decenni è stata martoriata, inquinata, avvelenata dall’interramento di rifiuti tossici.
Questa sentenza non è solo un atto giuridico, ma la risposta a un grido disperato di una comunità che ha visto il sacrosanto diritto alla salute essere calpestato.
La Corte ha riconosciuto un rischio per la vita degli abitanti, un rischio «sufficientemente grave, reale e accertabile» definendolo “imminente”.
È un avvertimento severo per una classe politica che, per troppo tempo, ha girato lo sguardo dall’altra parte, ignorando le grida di dolore di coloro che vivono in questo territorio avvelenato.
Una sentenza che dà voce a quelle mamme che hanno visto morire i loro figli, alle battaglie di tante famiglie che da tempo denunciano con forza che esiste una «relazione causale», o di «concausa», tra il disastro ambientale avvenuto negli ultimi decenni nella Terra dei Fuochi e l’insorgenza in quel territorio di diversi tumori e malformazioni congenite.
«Questa sentenza non rappresenta una vittoria definitiva, il vero trionfo si concretizzerà soltanto quando le bonifiche saranno realizzate. Tuttavia oggi celebriamo una nuova consapevolezza: il riconoscimento che la nostra incessante lotta e le nostre grida di dolore hanno avuto un impatto significativo. Abbiamo dimostrato che l’impegno civico può costruire un percorso di verità e giustizia». Anna Magri, socia fondatrice dell’associazione “Noi Genitori di Tutti”, commenta così la sentenza della Corte Europea.
«In passato eravamo considerate delle visionarie, delle folli, quando chiedevamo risposte. Non ero sola nella mia battaglia contro questo male insidioso: centinaia di famiglie condividevano la mia stessa lotta contro il cancro. All’epoca, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin cercava di giustificare l’aumento dei tumori nelle nostre terre con la retorica di uno stile di vita sbagliato» prosegue Anna Magri. «Ma io, come madre di Riccardo, che si è ammalato di tumore a soli sei mesi e ci ha lasciati a ventidue mesi, so bene che non ho avuto neppure il tempo di sceglierlo, uno stile di vita. La verità era evidente: la responsabilità risiedeva in quelle terre avvelenate, e noi l’abbiamo denunciato con forza».
«Finalmente, dopo anni di lotte e sacrifici, possiamo sentirci ascoltate: oggi sappiamo che la nostra battaglia non è stata combattuta invano. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto la nostra voce e il dolore che tanti di noi hanno portato nel cuore. Non abbiamo vinto ma possiamo tirare un sospiro di sollievo» conclude Anna Magri, la cui associazione “Noi Genitori di Tutti” è nata da giovani madri, orfane dei propri figli, che hanno trasformato il dolore in un impegno civico profondo, riuscendo a portare l’attenzione sulla Terra dei Fuochi in tutto il mondo.
Le storie di queste famiglie, di queste donne si intrecciano drammaticamente con discariche abusive, incendi tossici e con la “brutta malattia”, come viene chiamato il cancro dalle loro parti: una parola troppo difficile, troppo cruda che non è concesso ripeterla.
Fa paura, troppo paura a quei 2,9 milioni di persone che ogni santissimo giorno convivono con una terribile spada di Damocle sulla testa.
La Corte ha dato all’Italia due anni di tempo per attuare una strategia correttiva, per introdurre «misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento».
Ma la vera domanda è: sarà sufficiente?
La classe politica sarà capace di dare pace a chi da troppi anni si dispera per quelle sedie vuote?
Si potrà riparare a questo torto inaccettabile e restituire dignità e salute a una comunità ferita?
La Terra dei Fuochi è una ferita aperta che sanguina ancora e bisogna sostituire alle parole di questa sentenza, azioni concrete e tempestive.
Non c’è più tempo per stare fermi: la salute e la giustizia ambientale e sociale deve diventare una priorità, non solo per chi vive in Campania, ma per ogni abitante di questo pianeta.
La politica, di qualsiasi schieramento, deve assumersi le proprie responsabilità e noi tutti dobbiamo mobilitarci, sensibilizzare, e continuare a lottare affinché la Terra dei Fuochi non sia più un luogo di abbandono e di disperazione.
La giustizia non può attendere e la voce di chi ha sofferto deve risuonare forte e chiara, fino a ogni diritto rispettato sarà rispettato.
Ogni vita sarà salvaguardata.
Dobbiamo farlo ora.
In questo momento.
Per Anna, Marzia, Michele, Riccardo e per provare a dare senso a questo dolore che forse senso non ne avrà mai.