ESISTE LA MALA MOVIDA A NAPOLI?
Esiste la “mala movida” o “movida violenta” a Napoli?
Già il termine “movida”, nato negli anni ’80 in Spagna per indicare il ritorno alla vitalità sociale, culturale e artistica dopo la dittatura di Franco, oggi utilizzato genericamente per intendere la vita sociale e le attività di svago notturno dei giovani, può acquisire significati diversi a seconda del contesto.
MOVIDA VIOLENTA: L’OPINIONE DI CITTADINI E ISTITUZIONI
Le opinioni sulla movida napoletana sono molto contrastanti.
Per la maggior parte dei gestori dei locali che abbiamo incontrato nel nostro piccolo viaggio nel cuore della vita notturna della città, da Chiaia al centro storico, ma anche per lo stesso sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e per il consigliere comunale di Napoli Solidale Sergio D’Angelo, promotore in città della Consulta della Notte, non si può parlare di mala movida. Non c’è cioè una stretta connessione tra l’escalation di episodi di violenza tra giovanissimi, con l’esplosione del cosiddetto fenomeno delle baby gang, e il modo in cui i ragazzi si divertono per le strade del centro. Stabilirla può risultare addirittura fuorviante.
Ma non la pensano così i comitati cittadini di residenti, in primis il comitato Chiaia viva e vivibile – rappresentata da Caterina Rodinò - per cui la mala movida esiste, eccome, e viene certamente fomentata dal vuoto di regole e dall’insicurezza che ci sono nel momento attuale per le strade della città.
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IN ATTESA DEL REGOLAMENTO, ECCO COSA SUCCEDE NELLA MOVIDA NAPOLETANA
Strade che saranno ulteriormente presidiate dalle forze dell’ordine, stando a quanto riferito da Manfredi: il sindaco infatti avrebbe chiesto direttamente l’intervento del governo centrale un aiuto in termini di controllo del territorio e sicurezza.
Scaduta lo scorso 17 giugno, l’ordinanza comunale che poneva in essere una serie di misure molto restrittive per i locali notturni (come la chiusura alle 2 nel weekend, lo stop alla musica ad alto volume dopo le 23, ecc), il Regolamento su movida e sicurezza urbana sta facendo il suo iter amministrativo: in seguito all’approvazione in Giunta, ora è al vaglio del Consiglio comunale di Napoli.
Il Regolamento, che prevede obblighi e sanzioni per gli operatori coinvolti a vario titolo nella movida notturna, dovrebbe essere approvato entro l’estate.
Ma nel frattempo cosa accade in giro, dai baretti di Chiaia ai locali di piazza Bellini?
L’OPINIONE DEGLI ESERCENTI E DEI GIOVANI
Di fronte a fenomeni come quelli di violenza urbana che hanno coinvolto nelle scorse settimane giovanissimi, la maggior parte dei gestori dei locali ci racconta che non esiste una mala movida perché la violenza è un fenomeno a se stante, “se una persona è violenta lo è a prescindere”. Per quanto l’alcol possa alterare lo stato di una persona, il problema resta sociale e culturale.
Gli stessi esercenti respingono le accuse dei comitati cittadini, in primis quella di non rispettare le regole: “c’è chi le osserva ed è la maggioranza e non deve pagare per una minoranza che non lo fa”.
Quasi tutti gli esercenti chiedono un maggior controllo del territorio: “non solo per farci i verbali sulla chiusura e sulla vendita degli alcolici ai minori, però, ma anche per assicurare un maggior presidio ed evitare episodi di microcriminalità che esistono a prescindere”.
A pensarla così è, ad esempio, è Roberto Galdieri, proprietario di due attività nel quartiere di Chiaia: “La violenza stradale c’è sempre stata e non può essere associata alla movida, solo perché succede di notte e non di giorno”.
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LO SCONTRO TRA GLI ESERCENTI E I RESIDENTI
È scontro aperto sull’attuale gestione (o autogestione?) tra i proprietari dei locali più frequentati dai giovani e i comitati cittadini, in primis il comitato Chiaia viva e vivibile, presieduto da Caterina Rodinò, che parla di un “liberi tutti” dopo il 17 giugno.
La situazione secondo la Rodinò era già abbastanza invivibile per i residenti: “Tra schiamazzi, persone ubriache per strada, minori accoltellati, inquinamento acustico, figuriamoci ora con l’assenza totale di regole e sanzioni così basse che vale la pena più trasgredirle, per il business dei locali, che rispettarle”.
Per questo i comitati avevano chiesto al sindaco di Napoli una proroga dell’ordinanza, che però non c’è stata, né ci poteva essere avendo carattere di provvisorietà (“si trattata di un’ordinanza contingibile e urgente”), come ci ha spiegato Gaetano Manfredi.
C’è poi chi ci va giù pesante con i comitati cittadini, tra questi Roberto Galdieri, titolare di due locali a Chiaia: “Il Comitato ha una mano dittatoriale sulla città, perché la sua rappresentante, Caterina Rodinò, è molto influente sulle forze dell’ordine, sul Comune e sulla Regione, e cerca di fare pressione in tutti i modi”. Accuse respinte con forza dalla Rodinò.
Guarda il botta e risposta tra Galdieri e Rodinò
LA CONSULTA E IL DELEGATO DELLA NOTTE
A mediare tra gli interessi dei vari attori coinvolti, attraverso una sapiente opera di mediazione e conciliazione delle parti, dovrebbe essere la Consulta della Notte.
La sua istituzione è contenuta nel Regolamento sulla movida notturna, ora al vaglio del Consiglio Comunale, che dovrebbe trovare approvazione a breve: una volta costituita la Consulta, cui dovranno partecipare vari soggetti dai cittadini agli esercenti, si dovrà provvedere ad individuare un delegato della notte superpartes, che farà comunque capo all’assessore al Commercio e alle attività commerciali del Comune di Napoli.
Ce ne parla il consigliere comunale Sergio D’Angelo, promotore dell’ordine del giorno sulla Consulta: “Lo scopo è quello di agevolare una civile convivenza tra cittadinanza residente, attività commerciali, pubblici esercizi e associazionismo giovanile, per tutelare gli interessi di tutti”.
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