Madre Napoli, Bellezza e Terrore: luoghi di colonialismo e fascismo
Bellezza e Terrore parte da Napoli negli anni intorno al 1940, per analizzare, attraverso lo sguardo di artisti e pensieri critici, la storia e l’eredità contemporanea dell’interconnessione tra colonialismo e fascismo.
Fino al 26 settembre sarà al Madre di Napoli, il museo di Via Settembrini 79, la mostra Bellezza e Terrore: luoghi di colonialismo e fascismo a cura di Kathryn Weir.
Sottolineando una concomitanza geografica e temporale fra storie raramente raccontate insieme, il progetto presenta ricerche artistiche, opere e installazioni che svelano collegamenti tra la violenza assoluta fisica e psicologica del colonialismo e quella del fascismo, ed esplorano l’apparato filosofico, estetico e iconografico che sottende ad entrambi. Questo nesso è tornato drammaticamente al centro del dibattito internazionale degli ultimi anni, in particolare con l’ascesa dell’ultranazionalismo populista in Europa e nelle Americhe, e con l’impatto internazionale del movimento Black Lives Matter che ha posto l’attenzione su forme strutturale di violenza e esclusione.
Discorso sul Colonialismo (1950) del saggista e poeta Aimé Césaire ha denunciato il fatto che il nazionalsocialismo ha applicato in Europa una portata di violenza assoluta che finora era stata riservata alle colonie, un’analisi che approfondisce la politologa e filosofa Hannah Arendt nel suo Origini del totalitarismo (1951). La Seconda Guerra Mondiale in effetti traduce, nel contesto del fascismo europeo, i metodi sviluppati nelle piantagioni schiaviste e nelle colonie, come sottolineato dal filosofo politico contemporaneo Achille Mbembe nel suo saggio “Necropolitica” (2003), che sostiene che “nel pensiero filosofico moderno, nella pratica e nell’immaginario politico europeo, la colonia rappresenta il luogo in cui la sovranità consiste fondamentalmente nell’esercizio di un potere al di fuori della legge” e “in cui si ritiene che la violenza dello stato di eccezione operi al servizio della ‘civilizzazione’”. Gli abitanti di questi territori sono considerati parte integrante del paesaggio e la loro umanità e sovranità non vengono riconosciute giuridicamente, in modo da permettere l’espropriazione di terre e risorse con impunità. Altri studiosi dell’imperialismo europeo, come Franz Fanon e Sylvia Wynter, hanno insistito sull’importanza della dimensione non solo fisica, ma anche psicologica del colonialismo. Molti paralleli possono essere tracciati, oggi, con i “migranti economici” dalle aree precedentemente colonizzate e con le loro esperienze di detenzione e di sfruttamento.
Bellezza e Terrore riunisce opere d’arte basate sulla ricerca, che rispondono ad eventi, architetture e materiali d’archivio poco discussi. Le indagini artistiche sui paesaggi e i luoghi testimoniano l’imporsi di un’egemonia economica sul Sud da parte del Nord, rafforzato sia da un controllo dei saperi scientifici, sia da apparati di idealizzazione estetica ed esotismo ad esso paralleli. Il progetto riflette in particolare sulla Mostra d’Oltremare inaugurata a Napoli il 9 maggio 1940 — dispositivo esperienziale per l’educazione delle masse alla visione mussoliniana del “predestinato” imperialismo fascista italiano — prima di chiudere un mese dopo, quando l’Italia entra in guerra. Meno conosciuta è la storia di circa sessanta tra donne, uomini e bambini, trasportati dall’Etiopia, dalla Somalia e dall’Eritrea e costretti a partecipare alla costruzione della Mostra d’Oltremare e poi a figurare nel suo “villaggio indigeno”. Quando la guerra raggiunge Napoli le famiglie vengono confinate negli spazi della Mostra stessa nel mezzo dei bombardamenti, prima di essere trasferite in un ex campo di internamento femminile, a Treia. La scelta di Napoli come sede della Mostra d’Oltremare, concepita dopo l’invasione dell’Etiopia da parte di Mussolini nel 1936, riflette il desiderio del governo fascista di sottolineare il tratto “imperiale” di un porto mediterraneo che collegava l’Italia con l’Africa fin dall’epoca classica, definendo così i termini dell’espansione coloniale italiana dell’epoca come già scritti dalla storia dell’impero romano.
Nell’ambito di Bellezza e Terrore il Madre ha commissionato nuove opere, workshop e performance che intrecciano dati storici e pensiero critico. Gli artisti coinvolti — Rossella Biscotti, Sarah Abdu Bushra & Dawit Seto, Alessandra Cianelli, Leone Contini, DAAR – Sandi Hilal and Alessandro Petti, Binta Diaw, Theo Eshetu, Délio Jasse, Giulia Piscitelli e Justin Randolph Thompson — riflettono sul contenuto, l’estetica e il significato delle tracce narrative, visive e storiche di questo periodo, dai materiali d’archivio al patrimonio architettonico. Si appropriano di elementi di un “patrimonio difficile”, tra i quali mappe degli anni ’30 della Consociazione Turistica Italiana dell’Africa Orientale Italiana; fotografie scattate da Hilmar Landwehr, soldato della Wehrmacht in Campania fra il 1942 e il 1943; immagini delle riviste “La difesa della razza” e “Tempo”, sovvenzionate dal regime fascista. Un programma di eventi è presentato all’interno dello spazio espositivo per ampliare le tematiche sollevate dalle opere in mostra.
Per ampliare le forme di pensiero critico che emergono dalla mostra, lo spazio espositivo ospita un programma di eventi aperti al pubblico organizzati con la collaborazione degli artisti e di accademici provenienti da formazioni diverse:
Giovedì 8 e venerdì 9 settembre, lo spazio della mostra ospiterà un laboratorio dell’artista Délio Jasse che interviene nelle narrazioni storiche del fascismo e del colonialismo italiano attraverso una rielaborazione di immagini d’archivio.
Mercoledì 21 settembre alle 18.00, lo spazio della mostra ospiterà due artists’ talks con le artiste Giulia Piscitelli e Alessandra Cianelli, le quali condivideranno le riflessioni e le ricerche che hanno nutrito le loro pratiche artistiche e la realizzazione delle opere.