Da Maradona ad Assange, un viaggio a Scampia tra i murales firmati Trisha
«Quando avevo 6 anni, mia madre mi regalò un cavalletto con tele e tempere e io, avendo un carattere molto introverso, trascorrevo più tempo a dipingere che a giocare. Da quel momento non ho più staccato le mani dai pennelli».
Così Trisha, artista napoletana, racconta come è nata la sua passione per la pittura, consolidata nel tempo dagli studi artistici. Una passione alla quale si è affiancata quella per la scenografia teatrale con la laurea all’Accademia di Belle Arti di Napoli.
«Dipingere – spiega – mi viene più spontaneo, mi fa sentire più a mio agio perché riesco a essere me stessa, a tirare fuori il mio lato istintivo. Il teatro, invece, è fatto più di regole e tecniche da seguire e quindi mi tiene più a bada. Sono due anime diverse che convivono in me e che servono proprio a mettere in equilibrio il mio carattere».
Ventotto anni, orgogliosamente di Scampia, con i suoi pennelli Trisha dà vita a volti sui muri, ispirandosi agli impressionisti.
«Sono attratta da loro – sottolinea – perché tendono a tirare fuori quello che uno ha dentro di sé. Però devo dire che sono stata influenzata anche dai macchiaioli che con poche pennellate riescono a far capire l’espressione del quadro stesso».
E proprio nella sua Scampia, Trisha ha dato vita a numerosi murales: da quello dedicato a Diego Armando Maradona sulla facciata del palazzo in cui abita, a quello realizzato poche settimane fa per Julian Assange, passando per il volto di Fabrizio De André firmato insieme con lo street artist Jorit.
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«A ventotto anni – conclude Trisha - sono ancora qui e non ho alcuna intenzione di andarmene. È facile dire vado via, vado a lavorare fuori. Io ci voglio provare qui a fare qualcosa di bello, qualcosa di nuovo per il mio quartiere, per la mia città. E mi sento fortunata perché a Scampia ci sono delle realtà come il Gridas, il Mammut, il centro Gatta blu che fanno delle cose meravigliose. Loro ci provano, ci riescono e sono sicuramente un punto di riferimento per me. Rappresentano la speranza che anche in questo posto è possibile realizzare qualcosa di concreto».