Martedì, 08 Ottobre 2024

Quartiere 15 minuti: da San Giovanni parte la sfida per cambiare la città

Un territorio ricco di potenzialità ma povero di reali opportunità, con una popolazione molto più giovane della media cittadina e una forte presenza di istituti scolastici, con pochi luoghi di aggregazione per le nuove generazioni seppure non manchino grandi spazi da utilizzare a questo scopo, dotato di presidi ospedalieri che però non risultano collegati in maniera strategica al resto del quartiere.

È un contesto sociale complesso quello che caratterizza la VI Municipalità del Comune di Napoli, in cui vivono circa 120mila persone, che comprende i quartieri di San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli, zone vicine ma praticamente non comunicanti l’una con l’altra e raggiungibili difficilmente senza auto, sebbene siano presenti una rete metropolitana, bus e tram, e stia per arrivare la pista ciclabile.

È sull’analisi di questa zona della città che si è concentrata la task force dell’Ateneo federiciano SUM “Smart and Sustainable Mobility” coordinata dal professore Cino Bifulco, insieme all’associazione VivoaNapoli, presieduta da Emilia Leonetti, che ha dato la spinta a un percorso di studio partito un anno fa e confluito nel convegno che si è tenuto stamattina presso l’Aula Magna dell’Università degli studi di Napoli Federico II di San Giovanni a Teduccio dal titolo “Riorganizzare i quartieri partendo dalla mobilità. Quartiere 15 minuti: San Giovanni-Barra-Ponticelli”.

GUARDA IL PROGETTO

Dalla tavola rotonda, che ha visto la partecipazione della VI Municipalità e di Azienda Napoletana Mobilità (ANM), Ente Autonomo del Volturno (EAV) e Amicar-Gesco, è emerso che, proprio in questo territorio con punti di forza e di debolezza, sarebbe possibile sperimentare il modello cosiddetto “quartiere 15 minuti”, teorizzato dall’urbanista Carlos Moreno. L’idea è quella che, sull’esempio delle moderne città europee, il cittadino si possa muovere nel proprio quartiere, trovando tutto, dai servizi sanitari al teatro e al cinema, dal parco dotato di area giochi per i più piccoli al negozio di alimentari, in 15 minuti.

La chiave di volta perché si realizzi questo modello capace di superare l’articolazione della città come centro e periferie è il miglioramento della mobilità, sia investendo maggiormente nei trasporti pubblici su ferro e gomma, sia incrementando il ricorso al car sharing, e certamente limitando l’uso dell’auto privata, che, ad oggi, continua a risultare il mezzo privilegiato per potersi muovere liberamente da un punto all’altro dei quartieri della VI Municipalità.

È quanto emerge dai questionari sottoposti dal gruppo di lavoro dell’Università Federico II - in cui si incrociano le competenze dei Dipartimenti di Chimica, Architettura e Sociologia - agli studenti dell’istituto Marie Curie di Napoli est: nel 58% dei casi, questi vengono accompagnati a scuola dai propri genitori con la macchina, solo una piccola parte arriva con i trasporti pubblici, giudicati inaffidabili per essere in orario, o usa mezzi ecologici come bici e monopattini.

Ma cosa si può fare perché questo modello non resti un’utopia a Napoli? Come si può riorganizzare il quartiere a partire dalla mobilità? Molti spunti arrivano proprio dagli intervistati. Anche piccole ma essenziali cose potrebbero migliorare la qualità della vita dei cittadini della VI Municipalità, a partire da una semplice navetta circolare che giri tra i quartieri e arrivi nei punti di snodo e di collegamento con altri mezzi di trasporto.

Un grande apporto potrebbe avere in questo senso il car sharing. Lo ha spiegato stamattina nel corso dell’incontro Vittorio De Majo, responsabile di Amicar Sharing: “Interpretiamo il car sharing come integrato al trasporto pubblico. Dovremo ragionare su un sistema moderno di mobilità. Consapevoli che non riusciamo oggi a coprire tutta San Giovanni, siamo pronti ad aprirci a tutto il territorio, ma dovremmo poter avere la rassicurazione che questo sia dotato di hub di interscambio e di colonnine per la ricarica delle nostre auto elettriche”.

“Questo territorio è ricco di capitale umano e sociale, e può contare su una fitta rete di organizzazioni del terzo settore, ora c’è anche il presidio universitario. Da qui può cominciare la nostra sfida”, ha detto Emilia Leonetti, presidente di VivoaNapoli. Che aggiunge: “Porteremo questa mappatura e i risultati di questa ricerca ai decisori politici della città, perché si possa cominciare a pianificare la mobilità in modo diverso e più vicino ai bisogni reali delle persone”.

Intanto il presidente della VI Municipalità Sandro Fucito non solo appoggia il progetto ma rincara la dose: “Superare il concetto di periferia e andare verso una città policentrica è anche una questione di diritti. Assicurare una mobilità sostenibile è anche presupposto di democrazia e fonte di uguaglianza. Perché un giovane a San Giovanni deve tornare a casa con l’ultima corsa della metropolitana alle 18 mentre uno del centro storico può ritirarsi alle due di notte? Per non parlare dei viaggi della speranza che si fanno in autobus. La nostra città è certamente iniqua da questo punto di vista”.

L’obiettivo ultimo del progetto “Quartiere 15 minuti” è quello di dar vita a un percorso metodologico che vede la collaborazione di diversi attori (imprese, scuole, istituzioni), ognuno per la sua parte, e che dovrebbe portare a una vera e propria riorganizzazione della città, sulla scorta di questa sperimentazione nella zona orientale di Napoli.

GUARDA | L’intervista a Mario D'Avino, direttore Produzione Servizio Ferroviario EAV

GUARDA | L’intervista a Francesco Favo, direttore Generale ANM

GUARDA | L’intervista a Gabriele Ferrazzano, vicepresidente Assosharing

GUARDA | L’intervista a Vittorio de Majo, Responsabile Amicar Sharing

GUARDA | L’intervista a Dario Gentile, dirigente Servizio Trasporto Pubblico Locale del Comune di Napoli

Maria Nocerino
Author: Maria Nocerino
Sociologa e giornalista professionista, è specializzata nel giornalismo sociale. Ha collaborato con l’agenzia di stampa Redattore Sociale e con il quotidiano Roma per le pagine della Cronaca. Collabora con la rivista Comunicare Il Sociale.

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