Sud, la grande fuga — no, non è l’ultimo film di Sorrentino, ma il nuovo preoccupante rapporto Censis-Confcooperative.
Un’analisi che fotografa un fenomeno ormai vecchio quanto la polemica sullo stretto di Messina: l’esodo dei giovani dal Sud verso il Centro-Nord e l’estero. Una fuga silenziosa, ma devastante, che lascia dietro di sé non solo valigie, ma anche un vuoto economico, sociale, demografico e culturale difficile da colmare.
Perché è facile ridere dei “pacchi da giù”, delle carovane di parmigiana di melanzane spedite sottovuoto in tutto il mondo. È facile scherzare sui “mammaiuoli”, i napoletani che non lasciano casa fino ai 35 anni e che, per carità, “nun te scurdà a canottier’!”. Ma la verità è che mentre noi scherziamo sui luoghi comuni, il Sud si svuota.
Secondo i dati, 134.000 studenti hanno lasciato il Mezzogiorno per iscriversi nelle università del Centro-Nord. Non solo numeri: sono 134.000 storie, sogni, teste pensanti, “menti fresche” che avrebbero potuto cambiare il destino della propria terra e che invece, armate di trolley e speranze, scelgono altre stazioni. E ogni treno che parte è un pezzo di futuro che se ne va.
Il Censis parla chiaro: ogni laureato rappresenta un investimento pubblico e privato di 112.000 euro, dalle elementari fino alla pergamena.
Tradotto: il Sud paga, il Nord incassa.
I 13.000 giovani partiti all’estero valgono 1,5 miliardi di euro bruciati, i 23.000 trasferiti al Centro-Nord pesano altri 2,6 miliardi. Totale? Più di 4 miliardi di euro di cervelli “donati” alla concorrenza.
Praticamente, come direbbe zia Concetta: “Curnut’ e mazziat’.”
E il paradosso continua: le famiglie del Sud si fanno in quattro per mantenere i figli fuori, pagano affitti milanesi da 800 euro per un letto singolo e chiamano “apericena” un pasto di sopravvivenza. Tutto per farli lavorare altrove, magari per aziende che al Sud non hanno mai aperto un ufficio perché “non ci sono competenze” — quelle stesse competenze che poi parlano napoletano ma in un open space di Milano City.
E anche quando qualcuno prova a restare, la realtà è impietosa: un giovane ingegnere a Napoli guadagna 1.400 euro, mentre a Milano, per lo stesso lavoro, ne prende 2.500. In certi casi, lavorare al Sud diventa quasi un atto di fede, una vocazione, più che una scelta razionale.
Ogni anno più di 100.000 studenti prendono un treno verso il Nord, e con loro partono anche le idee, l’energia e la voglia di cambiare. Restano i genitori a fare videochiamate su WhatsApp mentre preparano i casatielli da spedire.
Eppure, invertire la rotta non è impossibile. Ma serve coraggio — e visione. Bisogna smettere di parlare del turismo come unico volano economico e iniziare a investire davvero in formazione, innovazione, energie rinnovabili, imprese IT, ricerca. Perché il Sud ha tutto: sole e mare ma pure talento, creatività e competenza.
Solo che lo dimentichiamo: ogni santo giorno quei talenti prendono un treno e se ne vanno con una valigia piena di sogni e un romantico barattolo di ragù di mammà.
E allora forse la vera domanda non è più “Perché se ne vanno?”, ma “Quando inizieremo a dar loro un motivo per restare?”.