Giovedì, 19 Dicembre 2024

Addio Antonio. Se ne va l'ultimo scugnizzo delle Quattro Giornate di Napoli

Ricordo la prima volta che ho incontrato Antonio: occhi di scugnizzo incastonati da una miriade di rughe sottili di ultraottantenne . O' biond - così lo chiamavano gli amici di sempre - aveva appena sedici anni nel 1943 quando, sul finire di un settembre caldo e assolato, partecipò alle Quattro Giornate di Napoli, liberando la città ben prima che arrivassero gli alleati americani dall'occupazione nazi-fascista e contribuendo a "scrivere" la Storia.

Faceva uno strano effetto sentire il suo personale ricordo di quei quattro, incredibili giorni. Con voce pacata di uomo di pace Antonio raccontava la guerra. Parlava di fucili, morti e barricate, l'inferno necessario che ogni popolo è costretto ad attraversare per raggiungere la libertà. " E la vera libertà non te la può regalare nessuno: te la devi guadagnare da solo" diceva agli studenti che fino a pochi mesi fa incontrava nelle scuole. Quel sedicenne con il fucile sottobraccio, spaventato ma che sapeva esattamente cosa fare, se lo è portato nel cuore fino alla fine dei suoi giorni: l'impegno nell'ANPI, il suo ruolo di presidente provinciale e poi, infine, il compito per lui ritenuto più importante: l'attività nelle scuole. " Per fare in modo che ciò che è successo non si ripeta è importante tramandare la memoria - raccontava - perché il tema dei nuovi fascismi e spaventosamente attuale".

Eppure anche Antonio era un essere umano: il suo corpo di novantenne non reggeva il passo dello spirito. Se ne va oggi, 23 dicembre 2022 e, con lui, l'ultimo partigiano napoletano. "O partigiano portami via", recita Bella Ciao, la canzone simbolo della resistenza. Antonio Amoretti da bravo partigiano ha portato sulla sua strada tutti coloro che lo hanno conosciuto: ragazzi, amici, la famiglia, gli attivisti. Da oggi a portarlo con sè saranno loro. Non ci saranno più partigiani ci saranno resistenti, cuori di giovani donne e uomini in cui uno scugnizzo dagli occhi chiari ha gettato il seme del papavero rosso che noi chiamiamo libertà.

Author: nuovoeditore

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