Un piano speciale di politiche sociali
Bocceremmo per scarsa originalità una sceneggiatura in cui un ragazzino di 14 anni si mette a sparare in aria per festeggiare il proprio compleanno, è destinatario irreperibile da due anni di un provvedimento di allontanamento dalla propria abitazione e di affidamento a una casa famiglia da parte dell’autorità giudiziaria minorile, ha un padre pregiudicato uscito da poco di galera e la madre che si è allontanata di casa perché vittima di violenza domestica.
Diremmo che ci sono troppi stereotipi, invece è esattamente questo lo scenario che c’è dietro i colpi di pistola, per fortuna a salve, esplosi sabato sera alla Galleria Umberto. Se proprio vogliamo aggiungere altro pepe alla vicenda, a intervenire nell’immediato è stata una pattuglia di vigili urbani che poco prima aveva fermato uno scooter con a bordo tre ragazzini di 10, 11 e 12 anni, senza casco e senza assicurazione.
Stavolta la pistola era finta, seppur priva del tappo rosso. Non ci sono per fortuna morti innocenti da piangere. Resta però lo spaccato di una condizione giovanile che riguarda alcuni strati della popolazione cittadina che denuncia senza possibilità di smentita l’inutilità dei blitz e dei riflettori che si accendono periodicamente per qualche giorno come se esistessero soluzioni miracolistiche capaci di sostituire il lavoro di lunga lena.
Occorre invece un piano speciale di politiche sociali, che come questa storia dimostra non può trattare la devianza o criminalità giovanile come fenomeni sganciati dal contesto sociale che li produce. Non può non riguardare le famiglie in cui questi ragazzi crescono. E infine non possiamo fare a meno di chiederci perché un ragazzo di 14 anni cresciuto in questo scenario senta l’esigenza di attirare l’attenzione su se stesso mettendosi a sparare.