Sabato, 16 Novembre 2024

Da Blanco alla Ferragni: i linguaggi di Sanremo

Sanremo.

Chi lo guarda tutti gli anni, chi non lo guarderebbe mai.

Chi lo ama. Chi lo odia.

Chi lo guarda di nascosto. Chi lo segue per il gossip.

Comunque una vetrina, uno splendido davanzale da cui guardare il mondo, lo specchio di dove stiamo andando, dove poter comprendere le nuove generazioni, una chiave pop per tastare il polso culturale del Paese, capirne i linguaggi e le derive, una pratica anti antintellettuale per scrollarsi di dorso gli intellettualismi rigidi, per allenarsi all’integrazione del diverso, per ritrovare leggerezza e unione...

Oggi per allenare il sentimento collettivo abbiamo tutti un po’ bisogno del calcio e di Sanremo. Allenarsi a guardarlo è una vera e propria pratica allo sguardo osservatore capace di coglierne contraddizioni e sfumature senza per forza scendere in campo a parteggiare.

Capita così che vedi il meccanismo di una società fondata sul consenso popolare, dove è necessario abbassare il livello non solo per farsi comprendere dalla maggior parte di persone, ma per destare attenzione. In un mondo dove si è bombardati da notizie, immagini, invasi da messaggi strabordanti, da auto rappresentazioni, visioni, prodotti da comprare e necessità di consumare e dove tutto si trangugia in fretta e si digerisce nel tempo di un like, fermare l’attenzione, farsi vedere, catturare diventa un diktat vitale.

La società dello shock perenne utilizza lo shock per far parlare di qualcosa.

Così si inscenano i soliti finti teatrini sanremesi dove si teatralizza la lite modaiola che costringe il popolo televisivo o del web a schierarsi ed è tutto un dissenso/consenso che mobilita gli spettatori.

Bene o male purché se ne parli.

E Blanco in un atto di violenza (recitata?) rompe gli arredi del palco e le composizioni di fiori perché c’era stato un problema tecnico nella sua esibizione.

Lo shock per fare audience paga e poco importa se il messaggio che si lancia è una convalida a chi non riesce a reggere alcuna frustrazione e dà libero sfogo alla propria rabbia per un qualsiasi inciampo...

Poi nel maxi frullatore che tutto osa pur di catturare, finisce anche la Ferragni che in tutta la sua performance dall’inizio alla fine mette l’accento su qualcosa di forte e importante: il coraggio e la libertà di essere se stessi, oltre gli schemi e i ruoli sociali.

Certo, è tutto filtrato nel solito linguaggio sanremese, facile retorica, luoghi comuni, facili buonismi…

Ma chi più di un influencer può parlare alle nuove generazioni?

Abbiamo Blanco che spettacolarizza la lite e l’aggressività.

Abbiamo la Ferragni che parla invece delle donne e del diritto a viversi il loro corpo senza vergogna, e lo fa proclamando un grande I love myself.

Mi piace soffermarmi su questo, sulla cosa in sé, sulla scelta di usare un grande pubblico megafono per parlare di autenticità.

Se Sanremo è lo specchio dei tempi, siamo davvero a un punto importante sociale e culturale.

Un punto dove convivono insieme alle istanze del politically correct, dell’ipocrisia e della spettacolarizzazione che hanno caratterizzato la società di fine Novecento, nuovi modi, nuove tendenze che mirano a nutrire individualità, a cercare ciò che ci rende unici e a portarlo avanti con coraggio.

Possiamo dire e ridire sempre le stesse cose “com’erano belli i tempi di una volta”, e “si stava meglio quando si stava peggio” o “non ci sono più le mezze stagioni”.

Ma una possibilità per dialogare con le nuove generazioni, per comprenderle ed aiutarle a costruire il loro “nuovo”, che non sarà mai uguale a prima, può essere quella di estrapolare dal marasma e dal blabla della società dell’iper informazione, il buono, il positivo e puntare su quello.

Possiamo continuare a vivere i tempi delle barricate, o possiamo vivere un nuovo tempo, quello dell'integrazione, e surfare, lasciar perdere il giudizio, rafforzare il bene che c'è.

La Ferragni, un'influencer, dice alle ragazze di amare il proprio corpo, tempio sacro della propria individualità, della propria unicità e della propria eresia.

È qualcosa di importante.

Ci possiamo soffermare sul contenitore Sanremo, sul politically correct, sul mondo controverso degli influencer, su Blanco e indignarci o sulla retorica facile e sui buonismi in saldi..

O ci possiamo soffermare su alcuni messaggi, estrapolarli, farli nostri e costruirci su qualcosa di buono.

Chiara Tortorelli
Author: Chiara Tortorelli
Creativa pubblicitaria, editor e scrittrice, vive a Napoli dove inventa nuovi cultural life style: come presentare libri in maniera creativa e divergente, come scrivere i libri che ti piacciono davvero, come migliorare la creatività e il benessere personale con metodologie a metà strada tra stregoneria e pensiero laterale. Il suo ultimo libro è “Noi due punto zero” (Homo Scrivens 2018). Cura per Napoliclick la rubrica “La Coccinella del cuore”.

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