Nuovo studio a Pompei: i siti archeologici crescono indipendentemente da scavi e scoperte
Il futuro di Pompei è fuori Pompei: questa sintesi racchiude la crescente consapevolezza e l'orientamento strategico del Parco, che sta sempre più dirigendo le proprie azioni e attività di scavo verso il territorio esterno alle mura della città antica di Pompei.
A conferma di questo orientamento, sono disponibili i risultati di una recente ricerca interdisciplinare realizzata dall’Università di Salerno in collaborazione con il Parco archeologico di Pompei, pubblicata nell'ultimo numero della rivista Valori e Valutazioni*, DEI - Tipografia del Genio Civile (https://doi.org/10.48264/VVSIEV-20243607), che analizza la correlazione tra nuove campagne di scavo e l'aumento dei flussi turistici. Gli autori non hanno riscontrato alcuna relazione statisticamente significativa tra i due aspetti, nonostante nel 2024 il sito di Pompei abbia registrato per la prima volta nella storia oltre 4 milioni di ingressi.
La scelta di visitare il sito UNESCO sembrerebbe dipendere da fattori diversi, molti dei quali legati a tendenze globali, all'economia e a crisi internazionali. Anche interventi di restauro di grande rilevanza e la riapertura di domus e quartieri della città antica non avrebbero avuto un effetto misurabile sul numero degli accessi.
Secondo lo stesso studio, nuovi scavi possono, invece, portare a un significativo incremento in siti poco sviluppati, come quelli nel territorio dell'antica Pompei. Un esempio è lo scavo di Civita Giuliana, dove sta emergendo una grande villa accompagnata da un quartiere servile di dimensioni senza precedenti. Questo scavo è condotto in collaborazione con la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, che nel 2017 aveva fermato gli scavatori clandestini che avevano saccheggiato la villa per anni. Il Ministero della Cultura ha già stanziato fondi, su richiesta della direzione del Parco, per proseguire gli scavi in questo sito e avviare un progetto di restauro, accessibilità e apertura al pubblico.
«Sono conclusioni di grande rilevanza per il nostro lavoro quotidiano, grazie a uno studio mai realizzato in passato», ha commentato il direttore degli scavi, Gabriel Zuchtriegel, che è anche tra gli autori dello studio. «Si tratta di risultati che non possono essere ignorati, ma sono invece fondamentali per calibrare il delicato equilibrio tra conservazione, fruizione e conoscenza del patrimonio archeologico attraverso nuovi scavi, che a Pompei comportano una enorme responsabilità. Tutto ciò che viene portato alla luce necessita di monitoraggio e manutenzione continua, che è una delle priorità del nostro lavoro in questi anni. Purtroppo, in passato non è sempre stato così; dall'inizio degli scavi nel 1748, la tutela e la conservazione hanno fatto notevoli progressi. Oggi utilizziamo sistemi digitali per monitorare il sito e stiamo sperimentando l'uso dell'Intelligenza Artificiale per la tutela. Questo nuovo studio rafforza la nostra strategia, condivisa con il Comitato scientifico del Parco e con il Ministero della Cultura, di investire in nuovi scavi, tenendo sempre presente le istanze di sostenibilità, conservazione, fruizione e conoscenza, con particolare attenzione per le aree al di fuori della città antica, nella “Grande Pompei”, un vasto paesaggio archeologico tra il Vesuvio e il mare, dove nuovi scavi possono contribuire significativamente allo sviluppo di un territorio che, nell'antichità, formava un tutt'uno con Pompei.»
«Il modello che abbiamo scelto per descrivere questo fenomeno è una curva a S», spiega il prof. Luigi Petti, co-autore della pubblicazione. «Ciò implica che inizialmente è necessario investire molto nello scavo di un sito nuovamente scoperto, senza ottenere benefici immediati in termini di sviluppo turistico. A Pompei, questa fase coincide con i primi decenni dopo il 1748, quando iniziarono gli scavi sistematici. Successivamente, vi è una fase di forte crescita: è fondamentale continuare a investire nella ricerca e negli scavi per sviluppare il potenziale di un sito, sia scientificamente che turisticamente. A Pompei, questo si verifica principalmente tra la metà dell’800 e la metà del ‘900. Segue una fase di stagnazione: anche se si continua a investire e a realizzare nuovi scavi, i benefici turistici e scientifici non aumentano più con lo stesso ritmo. Al contempo, altri siti nei dintorni di Pompei sono ancora nelle fasi iniziali di questo modello; oltre a Civita Giuliana, ciò riguarda anche Oplontis, Boscoreale e Longola.»
Il Prof. Antonio Nesticò sottolinea che «gli scavi di ulteriori aree all’interno delle mura della città antica di Pompei, sebbene possano produrre nuove conoscenze, sono sostenibili solo se inseriti in un contesto di gestione e manutenzione efficace del patrimonio storico-archeologico. È necessario verificare attentamente l'equilibrio economico tra gli effetti dei nuovi progetti sulla comunità e gli obblighi derivanti dalle azioni di conservazione e fruizione. Solo attraverso valutazioni attente sui costi e sui benefici a lungo termine che emergono dalle strategie d’investimento e di gestione, è possibile delineare politiche di valorizzazione dell'intero Parco Archeologico, estendendo lo sguardo dall’antica Pompei ai siti di Boscoreale, Oplontis e Civita Giuliana. In questo senso, si presenta come un'opportunità significativa la creazione di un ampio sistema turistico che attui azioni comuni, includendo sia l'area all'interno delle mura della città antica sia i siti al di fuori, nell’attuale definizione di “Grande Pompei”. In base allo studio condotto sulla funzione sigmoide che caratterizza l'evoluzione dei flussi turistici, la creazione di una rete sinergica tra i diversi siti può diventare un obiettivo importante da perseguire.**