Sabato, 02 Agosto 2025

Il Martirio di Sant’Orsola: Caravaggio a Gallerie d'Italia

Napoli, 1610. Una città vivace, pericolosa e artistica. È qui che Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, firma quella che sarà la sua ultima opera: Il Martirio di Sant'Orsola, il suo ultimo colpo di pennello. Una tela che racchiude tutta la tensione di una vita al limite, l’ombra della morte imminente e il genio rivoluzionario di un artista braccato dalla giustizia e dai suoi demoni.

Il quadro, patrimonio delle Gallerie d'Italia di Napoli, è tornato dopo il prestito per la mostra dedicata a Caravaggio di palazzo Barberini a Roma.

Torna con una nuova collocazione e reduce da un importante ed impegnativo restauro curato da Laura Cibrario e Fabiola Jatta, che ha messo in luce ulteriori importanti informazioni su questa celebre opera. Addirittura grazie all’opera incredibile delle due restauratrici, che hanno lavorato sul quadro 13-14 ore al giorno, sono venuti fuori: il profilo di un aguzzino all’ombra di un elmo solcato da lame di luce. Il volto impaurito di un pellegrino che indossa un cappello. Ancora, l’effetto metallico dell’elmo di un altro armigero, di cui si intuisce la linea dell’occhio. Si tratta del terzo restauro di epoca moderna a cui si aggiungono quelli del Seicento e dell'Ottocento passando per un non documentato restauro settecentesco.

Anche la cornice è cambiata e si uniformata all’idea generale che ha condotto l’equipe di restauratori che ha voluto riportare l’opera quanto più vicina possibile all’idea primigenia del pittore lombardo.

Nella sala scelta per ospitarlo, a cui si accede tramite il tunnel dorato, segno distintivo di Gallerie d’Italia di Napoli, il quadro troneggia nella sua grandezza, protetto da un vetro ed un sistema di areazione sensibile che garantisce la giusta umidità interna.

Il Martirio di Sant’Orsola non è solo un’opera d’arte. È una confessione silenziosa, un testamento spirituale, un urlo trattenuto. Guardandolo, sembra quasi che Caravaggio ci stia parlando, lasciandoci l’eco della sua esistenza tormentata.

Il quadro venne commissionato nel 1610 dal banchiere genovese Marcantonio Doria, devoto collezionista e amante dell’arte. Si trattava di un dono per celebrare la canonizzazione della santa, ma anche di un’occasione per aggiungere un’opera del maestro alla collezione di famiglia.

Il quadro rappresenta l’istante in cui Sant’Orsola viene trafitta da una freccia dal re unno, dopo essersi rifiutata di sposarlo e rinnegare la fede cristiana. La scena è raccolta, quasi claustrofobica: i personaggi sono accalcati, lo sfondo è scuro, e tutto converge sul gesto violento del carnefice e sulla reazione della santa.

Colpisce il realismo dell’espressione di Orsola: non un grido, non un’esplosione di dolore, ma uno sguardo attonito, quasi incredulo. Caravaggio coglie il momento psicologico del martirio, più che quello fisico.

Sant’Orsola non ha il volto idealizzato della santa. È una giovane donna pallida, con tratti comuni, quasi stanchi. Il suo corpo esile emerge da un abito sobrio, i colori sono spenti, quasi terrosi. Tutto parla di realtà, non di gloria.

In questo, Caravaggio resta fedele alla sua poetica: la verità prima dell’estetica, l’emozione prima della forma.

Caravaggio è ritratto nel volto dell’uomo sulla sinistra, colpito e sconvolto dal gesto del re. Un autoritratto triste, come un testimone passivo della fine di una santa e forse anche della propria.

L’opera mostra segni di esecuzione rapida. Si vedono ripensamenti e sovrapposizioni, forse dovuti alla fretta o all’angoscia, è incredibilmente potente e moderno.

Per molto tempo Il Martirio di Sant’Orsola è rimasto poco noto, oscurato da capolavori più famosi come "La Vocazione di San Matteo" o "La Morte della Vergine". Eppure, per chi cerca il Caravaggio più intimo, più fragile e più umano, questa è l’opera definitiva.

Nella sua nuova collocazione a Gallerie d’Italia vale una visita che è quasi un pellegrinaggio: davanti a quella tela si avverte l’eco di una fine, ma anche la nascita di un’arte che guarda alla verità come unica bellezza.

Un’occasione unica per ammirare da vicino l’ultima fiamma di un genio destinato a brillare per sempre, anche nell’oscurità del martirio che è senza dubbio, il più contemporaneo dei pittori di tutti i tempi.

AUTORE: Roberta D'Agostino

Author: Redazione

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