L’arte di Antonella Romano per il Premio Responsabilità Sociale Amato Lamberti
“La sposa bambina”, un’opera che pone l’attenzione sul fenomeno dei matrimoni precoci: bambine vendute per fame, date in moglie ad uomini che ne abusano sessualmente nonostante la loro tenera età. Ha un forte valore sociale l’opera che l’artista partenopea Antonella Romano ha voluto generosamente donare alla decima edizione del Premio Responsabilità Sociale Amato Lamberti, organizzato dal gruppo Gesco e dall’associazione Jonathan onlus, con la media partnership di Napoliclick.
La cerimonia di premiazione si svolgerà sabato 16 settembre dalle 19 al Salone delle Feste del Museo e Real Bosco di Capodimonte.
Così Romano motiva la scelta di questo lavoro: “Prima della celebrazione del matrimonio alla piccola viene detto che riceverà vestiti, regali, ci sarà festa e avrà una nuova casa. Imparerà le regole troppo tardi, quando sarà sottoposta a schiavitù domestica e sessuale, isolata in casa della famiglia acquisita con divieto di libere relazioni sociali, gioco, studio e lavoro esterno. Donare l’opera mi dà la possibilità di raccontare questo spaccato”.
Guarda l’intervista ad Antonella Romano
L’artista ed attrice Antonella Romano
Antonella Romano, nata nel 1970, vive e lavora a Napoli. Nel 1993 si avvicina al teatro come attrice sperimentando diversi linguaggi, dal teatro da strada a quello classico, fino al contemporaneo. Tra le esperienze più significative: Simbiosis con la compagnia catalana la Fura del Baus, Filumena Marturano con Isa Danieli diretta da Cristina Pezzoli. Nel 2005 vince il Premio Girulà come miglior attrice giovane per lo spettacolo L'ereditiera con la regia di Arturo Cirillo. Dal 2009 inizia la collaborazione con Rosario Sparno realizzando diverse installazioni per i suoi lavori La Tempesta di Shakespeare, Ria Rosa, La donna Pesce e lavorando al suo fianco come aiuto regia in Napoli mon amour e Sogno di Shakespeare.
Durante la sua carriera ventennale di attrice, l'artista ha acquisito la consapevolezza e la forza dell'espressione corporea sul palcoscenico e si è interrogata sempre più intensamente sulla necessità di trascendere il corpo, plasmare la materia e utilizzare l'esperienza acquisita per modulare l'espressione dei luoghi che abita e in cui riversa la sua emotività sotto forma di sculture. Con una lenta e laboriosa modulazione del gesto reiterato, quasi mantrico, intreccia chilometri di fil di ferro forgiando a mani nude le sue creature, riappropiandosi del proprio tempo e dei processi cognitivi che ne accompagnano lo scorrere nel tentativo di ricucire le fratture dell'anima.