L’Orto Sociale Urbano, una piccola rivoluzione nella periferia est di Napoli
Un progetto che combina cura e riqualificazione del verde cittadino, inclusione sociale e cittadinanza attiva: da ormai nove anni esiste e resiste, all’interno del parco comunale Fratelli De Filippo di Ponticelli, l’Orto Sociale Urbano.
Lì dove un tempo la camorra nascondeva le armi, in un luogo simbolo di degrado, all’interno di un territorio difficile come quello della periferia est di Napoli, è germogliato il seme della legalità e della bellezza.
Una piccola rivoluzione da difendere: l’orto occupa circa due ettari di terra di cui si prendono cura quotidianamente più di duecento persone, tra cittadini e gruppi. E tante altre sono quelle che chiedono di poter adottare una terrazza (un piccolo pezzetto di terra) a Ponticelli, tanto che cresce la lista di attesa.
Da progetto per le persone con dipendenze a bene per la comunità
Nato nel 2015 grazie all’affidamento da parte del Comune di Napoli all’ASL Napoli 1 Centro (Dipartimento Dipendenze) di una vasta area della villa comunale di Ponticelli, l’Orto Sociale Urbano è promosso dal Centro Diurno Lilliput, struttura intermedia socio-riabilitativa per persone con problematiche di dipendenza dell’Asl Napoli 1 Centro gestita con il gruppo di imprese sociali Gesco attraverso la cooperativa Era.
La trasformazione dell’Orto da progetto di inclusione sociale per cittadini fragili a fonte di benessere per tutta la comunità nelle parole dell’educatrice del centro Lilliput Margherita Aurora.
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L’orto che crea rete e partecipazione
L’Orto Sociale di Ponticelli rappresenta, dunque, un virtuoso esperimento di inclusione sociale, di rigenerazione urbana e di eco-sostenibilità ambientale: un modello che mira a coniugare la sviluppo del territorio con la tutela dei diritti, dei beni comuni, della qualità della vita, dell’ambiente, delle relazioni sociali, nella consapevolezza che il benessere collettivo passa anche per la riduzione delle distanze e per il contrasto delle povertà e dell’esclusione.
Intorno a questa esperienza ruota una comunità “responsabile” di persone, tra singoli, associazioni, scuole ed altre realtà della periferia est di Napoli. Cittadini certamente attenti all’ambiente: ogni orticello viene coltivato senza l’uso di sostane chimiche, nel rispetto della natura e della stagionalità degli ortaggi, ed evitando sprechi di acqua.
L’orto come terapia, ovvero il bello che produce benefici, non solo i frutti che vengono dalla terra ma anche quelli che derivano dalla partecipazione alla vita comunitaria, come ci raccontano alcuni “ortolani storici”.
La parola agli ortolani Carmine e Pasquale
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Le prospettive tra progetti e sfide da realizzare
L’Orto Sociale Urbano è completamente autofinanziato, così porta avanti progetti e partecipa a bandi per sostenere le proprie attività.
L’estate scorsa è stato completato il progetto “Parco Letterario Lilliput” (finanziato dall’Otto per Mille della Chiesa Valdese e realizzato dalla cooperativa sociale Sepofà con le associazioni Art33 Cultural Hub e Dal Sociale) che ha visto collaborare gli utenti del Centro diurno Lilliput con l’artista tunisino Ahmed Ben Nassib, attraverso un laboratorio di scrittura sensoriale che poi si è tradotto in una serie di disegni e frasi in dialetto napoletano impressi in cubi di legno, disseminati in diversi punti dell’area.
Tra qualche mese, l’Orto Sociale Urbano dovrebbe anche ospitare un teatro agreste e una bambuseto, con una funzione purificatrice del terreno: due luoghi pensati come fruibili e aperti al pubblico (nella parte non dedicata agli orti), che potrebbero rappresentare la cornice per eventi e proiezioni di cinema all’aperto. In questo caso, l’iniziativa si realizza grazie al sostegno dell’Istituto Buddhista Soka Gakkai.
La cosa importante resta difendere questo posto, che in passato è stato spesso oggetto di atti vandalici e furti, mettendolo in sicurezza e fornendo servizi igienici all’interno dell’Orto, richiesta che la comunità rivolge alle istituzioni ormai da diversi anni.
Per informazioni sulle modalità di partecipazione al progetto contattare il Centro Lilliput