Giovedì, 02 Maggio 2024

Mi chiamo N: al Bolivar debutta il monologo di Massimo Piccolo

“È una dedica omaggio a Nina Simone ma non è un racconto biografico.  Lei rappresenta la bellezza intesa come arte, come possibilità di salvezza, di riscatto. La sua figura è evocata: in alcuni momenti si vede e scorre nel testo attraverso alcuni parallelismi tra lei e la protagonista”.

Così Massimo Piccolo, autore e regista di “Mi chiamo N.”, racconta il monologo teatrale che debutterà al Teatro Bolivar di Napoli, diretto da Nu’ Tracks, sabato 25 febbraio 2023 alle 21.  Sul palco ci sarà l’attrice Noemi Gherrero, accompagnata dalle musiche originali di Eunice Petito.

È la storia di una giovane donna della periferia napoletana che  vive in una simbiosi fantastica con Nina Simone, cantante e attivista per i diritti civili americana, alla quale è legata dalla passione artistica, ma anche dalla condanna a un'origine e un luogo cui non sente di appartenere. Così N. troverà in questa proiezione l'unica possibilità di fuga dall'ambiente familiare e sociale troppo ingombrante per lei.

Un testo impegnativo. Come è nata l’idea?

La genesi è davvero particolare. Noemi e io siamo amici, e un giorno prendendo un caffè insieme mi ha raccontato la sua passione per la Simone, di quanto le sarebbe piaciuto portare in scena questa protagonista nella quale la ragazza della periferia di Napoli, appunto N., si identifica. Mi sono preso un po’ di tempo per realizzarlo perché è un testo impegnativo e per me è una grande scommessa.

Un testo che ha quindi cucito addosso a Noemi Gherrero. Com’è stato lavorare con lei?

In questo percorso Noemi ha dovuto svelare una serie di fragilità, per aiutarmi nella stesura del testo. Molte delle esperienze rappresentate sono state vissute dalla stessa interprete. E io sono convinto che se lei riuscirà a portare in scena la stessa performance avuta durante le prove sarà un grandissimo successo.

Da una parte Nina Simone, dall’altra una ragazza della periferia di Napoli. Come è riuscito a legare le due figure?

Per una napoletana della periferia i punti in comune con i neri della Carolina del Nord sono parecchi. Giusto per fare un esempio: Noemi ha conosciuto il razzismo sulla sua pelle anche se bianca come il latte, come quando le è capitato di entrare in una chat dove i napoletani erano definiti “terroni”.

Quindi il tema dello spettacolo è il razzismo?

Il razzismo interno è tra i temi, ma non è l’unico.

E quali sono gli altri?

Lo spettacolo abbraccia un arco della vita della protagonista abbastanza ampio, dall’adolescenza ai 30 anni, quindi i temi affrontati sono parecchi come la povertà. Ma il tema centrale è il rapporto tra l’essere e l’apparire, soprattutto per le donne. Anche se nella società della performance il dover apparire riguarda tutti, anche noi registi. In pratica oggi se si vuole veicolare un contenuto si ha bisogno di apparire in un certo modo. L’apparire della stessa Nina Simone è diventato superiore al suo essere.

E lei cosa ne pensa?

Io cerco solo di rendere visibile un aspetto della società, senza dare giudizi. Mi limito a raccontare la realtà, ma il finale sarà a sorpresa.

Tornando alla protagonista: N. come trova il suo posto nel mondo?

Trova il suo riscatto grazie un incontro con la bellezza dell’arte: dopo una nottata trascorsa a combattere con un attacco di panico, quando pensa di morire, in tv vede  Nina Simone che canta. Ecco quindi che le scatta un qualcosa dentro: la voglia di recitare, di far sentire la propria voce al mondo partendo dalla periferia di Napoli.

A proposito di Napoli, la città partenopea è presente anche nel suo ultimo libro “Layla” che ha vinto il bando sviluppo in una serie tv della Film Commission Campania.

Sì, c’è solo un grande problema: è ambientato nella mia Napoli. Una Napoli lontana dai racconti del mainstream che vogliono questa città sinonimo di camorra e di degrado.

E quindi qual è il problema?

Due dei protagonisti della storia sono di Parco Margherita, le due ragazze di via Alabardieri, Layla di piazza dei Martiri. Si parla di esoterismo, di fragilità della protagonista: abbiamo difficoltà a trovare una produzione che voglia parlare di questi aspetti di Napoli, una Napoli lontana dagli stereotipi. Tutti vogliono una Napoli fatta di criminalità, che per fortuna è solo marginale.

Donatella Alonzi
Author: Donatella Alonzi
Giornalista professionista e videomaker. Animalista convinta, mamma di Lucia e di Bella, la sua buffa cagnolina.

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