Li antichi ditti napoletani e campani
I detti napoletani sono l’anima del popolo. L’espressione più genuina dei suoi sentimenti, l’estrinsecazione della sua indole e dei suoi costumi. La dimostrazione della sua potenzialità creativa e del suo modo di sentirsi libero e incondizionato.
I detti napoletani, da sempre hanno caratterizzato l’origine del suo popolo, trasformandosi nei secoli, ma mantenendo sempre la propria identità fino ad arrivare a noi. Ma quali sono i proverbi e gli aforismi più belli su Napoli? Ci sono i proverbi curiosi con radici antiche e significati inaspettati e modi di dire resi immortali dai film e dalla musica.
La Letteratura Napoletana sin dal seicento è stata una fonte inesauribile di detti e proverbi. Aurelio De Rose nel suo ultimo libro “Antichi ditti Napoletani e Campani” ne fa un’ampia selezione non solo per gli amanti della lingua e delle sue tradizioni, ma anche per chi ne voglia conoscere solo significato e origine. Nell’edizione, in libreria in questi giorni, espone una serie di scritti in vernacolo anche di folclore popolaresco che, purtroppo, nel tempo stanno scomparendo. Metafore, indovinelli, ninne nanne, giuochi, filastrocche, voci di venditori ambulanti d’un tempo ed infine, alcuni racconti che, un tempo, le nonne narravano ai nipoti. Alcuni dei più conosciuti e pittoreschi:
Ogni scarrafone è bello ‘a mamma soja.
Chiunque, per quanto poco attraente, è bello agli occhi della propria madre.
Aniello ‘ca nun se pava nun se stima
Anello, inteso come bene di valore, che si ottiene in regalo, quindi senza sforzo, non si apprezza, si tiene in poco conto proprio perché ottenuto facilmente. Si usa per sottolineare quando la fatica sprecata lasci apprezzare di più i risultati raggiunti o nel senso letterale dell'espressione, gli oggetti posseduti.
‘A meglio parola è chela ca nun se dice.
La parola migliore è quella che non si dice. Un proverbio che invita alla prudenza, ripetuto spesso dagli anziani ai giovani per frenare la loro impulsività.
Ntiempo'e tempesta, ogne pertuso è puorte’.
In tempo di bufera ogni pertugio è porto. In tempi difficili anche il più piccolo appiglio è una salvezza.
Chi pecora se fa, ‘o lupo s’ ‘o magna.
Chi si fa pecora, il lupo se la mangia. Significa che chi assume un atteggiamento dimesso, verrà sopraffatto dal più forte.
LI ANTICHI DITTI NAPOLETANI E CAMPANI
edito da CUZZOLIN editore
pag. 476
Euro 23,00
L’autore
Aurelio De Rose, nato a Napoli nel 1939 vive a Roma. Studioso della vita artistica napoletana antica e moderna, Ha collaborato e collabora con quotidiani, riviste letterarie e culturali, con interventi di storia del costume e critica d’arte. Tra i vincitori del Premio Pontano (sez. poesia), 1977 e Primo Premio (silloge) Memorial Gennaro Sparagna, 2007.
È tra gli estensori del testo Metrò-Art-Visitare Napoli con la Metropolitana. Dieffe Comunicazioni, Napoli, 2003. È presente in varie antologie e testi tra i quali si citano: La parola negata (rapporto sulla poesia a Napoli), di Mario M. Gabriele, Nuova Letteratura, Campobasso, 2004; Le città dei poeti, a cura di Carlo Felice Colucci, Guida, Napoli, 2005; Quei napoletani da ricordare, vol. 2, di Achille della Ragione, Napoli, 2013.
Ha pubblicato: Monili, La Zagara / Testi di poesia – IGEI, Napoli, 1979; Napoli dell’antico e del nuovo. Cronologia dinastica e itinerari della città, il Girasole, Napoli, 1994; Le fontane di Napoli, Newton & Compton, Roma, 1994; Le chiese gotiche di Napoli, Newton & Compton, Roma, 1995; Palazzi di Napoli, Newton & Compton, Roma 2001; Concerto per pianoforte, Stravagario, Minturno, 2008; L’Anticaglia, Passeggiando per il Decumano cuore della Napoli antica, Stamperia del Valentino, Napoli, 2009; Neapolis-Aneddotica e memoria, Youcanprint, Lecce, 2012; Napoli-La Cappella Sansevero, La storia, le opere, gli artisti, Rogiosi, Napoli, 2014. Il Misterioso Sebeto, storia delle acque in Campania e delle fontane di Napoli, Cuzzolin, Napoli 2017.