Alluvione in Emilia Romagna? L’ennesima tragedia annunciata
Le notizie che arrivano dall’Emilia Romagna addolorano, ma non sorprendono. Scontato, per quanto sentito, il cordoglio per le vittime e le condoglianze alle loro famiglie, ma bisogna invertire la rotta per spezzare questo tragico e macabro rituale. Dobbiamo fare qualcosa e dobbiamo farla ora. Non come il governo Meloni che fa invece professione di negazionismo perché nessuno tocchi il profitto costruito su cemento, cannibalizzazione di suolo e lobby dell’automobile. La crisi climatica è qui, con ogni evidenza, già da due decenni. Non si può continuare a far finta di niente.
È solo pioggia? Una fatalità? Una tragedia naturale? No, di naturale non c’è nulla, se non la reazione di quella natura che abbiamo violato e continuiamo a devastare ogni giorno, provocando fenomeni sempre più estremi. Sconosciuti, fino a qualche anno fa alle nostre latitudini. Alzi la mano chi pensava che si potessero verificare dei cicloni nel Mediterraneo. Io non lo immaginavo neanche nei miei incubi peggiori.
Due anni di grave siccità, e poi in poche ore viene giù una quantità di pioggia che normalmente cade nell’arco di sette o otto mesi. Un fenomeno che si è ripetuto ben due volte negli ultimi 15 giorni in Emilia Romagna. Ma anche qui a Napoli il tempo non è stato certo clemente. Ancora una volta, alzi la mano chi si ricorda un maggio così. È un segnale chiaro della crisi climatica, dice a Repubblica Pierluigi Randi, presidente AMPRO (Associazione meteo professionisti), perché questi eventi hanno tempi di ricorrenza secolari, adesso invece sono separati da una manciata di giorni.
Dal 2003 registriamo le estati più calde di sempre. Una dietro l’altra, con ben il 70% di quelle più bollenti in assoluto concentrato nell’arco degli ultimi 20 anni, in oltre un secolo di misurazioni. Secondo la World Meteorological Organization, l’organizzazione mondiale dei meteorologi, nei prossimi 5 anni c’è il 66% di possibilità che il record venga ancora superato. Mentre è invece certo che si è già varcata e si varcherà ancora la soglia di 1,5° gradi in più rispetto all’era preindustriale, oltre la quale le possibilità di inondazioni disastrose, siccità prolungate, incendi e scarsità di cibo potrebbero aumentare drasticamente.
Il condizionale è d'obbligo per la comunità scientifica, che ha bisogno di evidenze inoppugnabili. Noi che osserviamo con gli occhi del profano sulla base di ciò che vediamo possiamo serenamente usare l’indicativo perché sta accadendo qui e sta accadendo ora.
Non è quindi una battaglia ideologica quella che vuole limitare l’uso dell’automobile, chiudendo i centri storici al traffico. È una semplice strategia di sopravvivenza che evidentemente a Napoli abbiamo deciso di non adottare, se si insiste in progetti di parcheggi in pieno centro cittadino che sarebbero pronti forse fra dieci anni, quando con ogni probabilità saremmo l’unica grande città europea che permette ancora la circolazione delle auto nelle zone centrali. Non serve a niente il cordoglio per le tragedie, se si continua con questa logica. Occorre fare qualcosa. Dobbiamo prepararci, lo dicono quelli che allo studio del clima dedicano tutta la loro vita.