Le pensioni vanno adeguate al costo della vita
di Sergio D’Angelo
I pensionati, al netto dei pochi percettori delle pensioni d’oro, sono fra le principali vittime della tempesta perfetta generata dall’effetto combinato della pandemia, della guerra e del conseguente boom dei prezzi. Vittime silenziose perché non hanno diritto di rappresentanza nel dibattito pubblico e politico, nonostante uno su tre fa fatica ad arrivare a fine mese e uno su quattro percepisce meno di 1.000 euro al mese. E, inutile dirlo, la maggioranza vive qui al sud.
Non servono molte parole e teorie complesse per spiegare che l’impatto delle bollette di gas e luce, il costo dei carburanti, l’aumento generalizzato dei prezzi hanno avuto un effetto devastante su chi già in “tempi normali” era abituato a far quadrare i conti a colpi di rinunce. La salute, per esempio, perché chi più delle persone anziane ha bisogno di cure mediche e controlli? Con la sanità pubblica ridotta ai minimi termini, le liste d’attesa interminabili, le prestazioni a singhiozzo a cui ci siamo tristemente abituati nella nostra regione, curarsi diventa un lusso insostenibile.
Parliamo quindi di vita o di morte, per persone che hanno lavorato duro tutta la vita e avrebbero semplicemente il diritto di godersi con serenità il frutto di decenni di sacrifici. È una violenza che reputo intollerabile, perché si accanisce contro una delle categorie più deboli, indifese, che vive in silenzio il disagio e le mortificazioni di una povertà inaspettata, arrivata ad acuire le difficoltà perenni dei “tempi normali”. Pensionati, bambini, lavoratori a basso salario, precari, migranti, tutti accumunati da una condizione non più sostenibile che sta trasformando il paese in una polveriera, in una spirale al rialzo del costo della vita che non accenna a diminuire.
Servono misure urgenti, servono ora, non i pannicelli caldi degli aumenti di poche decine di euro delle pensioni, ma un robusto adeguamento al costo della vita. E anche questa è una cosa di sinistra che la sinistra non dice.