Napoli e il turismo come occasione mancata di sviluppo
Di Sergio D’Angelo
Nel turismo il lavoro c’è, ma manca il personale. Messa così, più che un paradosso, sembra il paradosso per eccellenza in Campania, la capitale italiana della disoccupazione. Ma le cose stanno davvero come sembrano? La domanda effettivamente esiste. A fronte di sei milioni di visitatori attesi quest’anno nella nostra regione, secondo il rapporto Excelsior redatto da Unioncamere ed Anpal, sarebbero ben 11.900 i posti di lavoro vacanti. Come è possibile? Me lo chiedo con lo stesso stupore di chiunque legga in questo momento.
Innanzitutto c’è la mancata corrispondenza fra le competenze richieste per un determinato lavoro e quelle che i potenziali lavoratori invece possiedono. In realtà parliamo per lo più di mansioni lavorative a bassa specializzazione, cameriere semplice, addetto alle pulizie, lavapiatti. Tuttavia, emerge che il 67% delle aziende ricerca comunque profili che hanno maturato un’esperienza specifica nel settore.
Il secondo dato, che a me sembra più rilevante per spiegare la vicenda, è che il 76% di questi lavori è a tempo determinato. In sostanza, col turismo si lavora, ma mediamente senza continuità e con contratti stagionali e fragili. Non mi stupisce che chi cerca lavoro provi in ogni modo a trovare qualcosa di meglio.
La questione dovrebbe essere affrontata, a mio avviso, da una duplice prospettiva. La prima chiama in causa soprattutto la Regione Campania e la necessità di una formazione continua nell’ambito di un approccio sinergico che renda più vicini e compatibili le aziende e chi cerca lavoro.
Il secondo livello mostra invece ancora una volta la necessità di superare la giungla contrattuale in cui restano invischiati i lavoratori italiani, con ben 985 contratti collettivi nazionali diversi per durata e caratteristiche, ma accomunati dal fatto che offrono ben poche garanzie salariali e di durata al lavoratore. È un piano sul quale dovrebbe intervenire la politica nazionale, il Parlamento, perché è con ogni evidenza un ulteriore freno allo sviluppo del Paese.