Giovedì, 21 Novembre 2024

Ciao Tupperware, storia del recipiente icona boomer

La Tupperware sta fallendo: se la notizia non vi sconvolge è perché non avete una di quelle mamme napoletane che possono donarti ogni cosa, intestarti case al mare, regalarti gioielli ma no,  non potrebbero mai rinunciare al contenitore di plastica (coperchio compreso).

Loro te lo danno pieno di fagiolini lessi, parmigiane di melenzane e ogni bendidìo ma poi guai a non ridarlo indietro.

Fallisce quindi lo storico marchio americano, icona boomer: "Da qualche anno la situazione finanziaria della società era gravemente colpita da un contesto macroeconomico difficile" ha dichiarato all’Ansa Laurie Ann Goldman, amministratore delegato della società che ha presentato istanza di protezione prevista dalla legge americana sui fallimenti.

Era il 1946 quando Earl Silas Tupper lanciò sugli scaffali dei grandi magazzini americani la “Ciotola Meraviglia", così era chiamato il primo recipiente di plastica realizzato col sistema brevettato "tappo a stappo" che rendeva il contenitore ermetico e facile da aprire. 

Una vera novità per i tempi pensata per aiutare le famiglie del dopoguerra a risparmiare: con il Tupperware e il tappo ermetico avrebbero conservato meglio il cibo evitando così sprechi alimentari. 

Ma non fu subito un successo, anzi fu proprio un vero e proprio flop a tal punto che il prodotto fu ritirato dal commercio pochi anni dopo.

Il motivo del fallimento era principalmente dovuto alla mancanza di una descrizione accurata del prodotto, che ne elencasse l'aspetto vincente, decisivo nella scelta del consumatore, che era invece portato ad acquistare l'oggetto economicamente più conveniente.

In poche parole costava assai e non si capiva il perché.

Ed ecco che arriva un'altra intuizione, un’idea semplice ma efficace che ha portato la Tupperware in tutte le cose del mondo: la vendita diretta tramite presentatori, attraverso quei bellissimi “party” casalinghi che noi vecchi bacucchi non potremmo mai dimenticare.

C’era la rappresentate della Tupperware, una figura mitologica – ogni famiglia ne aveva una di fiducia – che organizzava le “riunioni” dove comitive di donne tra una caffè, un inciucio e una spiegazione dettagliata della plastica ecosostenibile usata compravano portaburrro, kit di ciotole colorate e  indispensabili porta vivande da freezer.

Dal set di mestoli al porta olive con scolino, erano poi immancabili gli  omaggi alla padrona di casa che aveva ospitato questa vera e propria riunione di massoneria casalinga.

Una rivoluzione che oggi sembra quasi anacronistica ma che ha accompagnato l'ingresso della donna nel mondo lavorativo ed economico della società.

Un lavoro che per molte casalinghe ha significato emancipazione e libertà.

Ci sono degli oggetti che sono destinati a raccontare un cambiamento, a descrivere un sentimento, a rappresentare una generazione.

Quello che per molti è un normale recipiente di plastica, per tanti è icona di un tempo andato.

Di lavoro femminile e di donne che ridono davanti un caffè.

Di chi che non si arrende al primo insuccesso.

Di recipienti che passano di dispensa in dispensa.

Significa mammà che ancora ti prepara le verdure lesse perché tu non hai tempo.

C’è la cura, il tempo, i ricordi, l’emancipazione, la rinascita.

Quel recipiente ha dentro un sacco di cose che noi ex ragazzi degli anni Ottanta ancora non siamo disposti a rinunciare.

Ciao Tupperwear, non so come andrà a finire ma sono certo che ci mancherai.

PS: Caro Amministratore Delegato, nel caso ti serva, io una decina di riunioni familiari posso sempre organizzartele.

Anche senza ciotolina in omaggio! 

Giovanni Salzano
Author: Giovanni Salzano
Esperto di social media management, cura la rubrica di opinione Società.

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