Franco Cutolo al cinema con il docufilm Napoli S-Velata: “La Napoli di oggi non mi interessa più”
Cinque capitoli, settantacinque minuti di storie e confessioni intime, accompagnati dalle splendide musiche di Marco Zurzolo: si chiama “Napoli S-Velata” ed è il docufilm di Franco Cutolo che sarà presentato in anteprima nazionale nell’auditorium Porta del Parco di Bagnoli (via Diocleziano 341), mercoledì 25 ottobre 2023 alle 20.30.
Un film su Napoli che intende indagare l’aspetto più intimo della città e lo fa attraverso gli occhi e la penna di Franco Cutolo, illustre regista teatrale che tra i tanti ha collaborato con Roberto de Simone, Peppe Barra, Isa Danieli e che il prossimo febbraio sarà al Teatro Trianon Viviani con ‘O Curnuto immaginario, un’opera buffa di Trinchera rivestita con musiche di Paisiello e Cimarosa
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Diplomato in scenografia all’Accademia di Belle arti di Napoli con il massimo dei voti, Franco Cutolo inizia l’attività di regista nel 1989 e da allora non si è più fermato. Tra i tanti riconoscimenti viene candidato al David di Donatello e al Magna Grecia film festival riceve una menzione speciale. Napoli S-velata vede ora Cutolo in un’inedita veste di reporter che attraverso una narrazione laica e onesta riesce a raccontare l’anima della città
Partiamo dal titolo: perché Napoli S-Velata?
Dietro il nome c’è un doppio significato: da una parte intendo rappresentare una Napoli insolita, intima e fragile; dall’altra il titolo deve essere visto in chiave ironica contro registi come Ferzan Özpetek
Si riferisce quindi al film Napoli Velata?
È una provocazione non solo contro il regista turco ma contro quella tendenza non soltanto cinematografica a stereotipizzare Napoli.
Un tempo la nostra città era accostata a pizza e mandolini ora invece la si descrive sempre mistica, alchemica e misteriosa esasperando il culto e la tradizione. Trovo questa visone un po’ troppo borghese.
Cosa ci svela allora della sua Napoli?
Racconto cinque storie diverse, cinque capitoli che portano lo spettatore a conoscere le minoranze. Voglio dare voce a chi non ce l’ha.
Nel trailer si vedono alcune scene del dossier degli anni Ottanta di Joe Marrazzo sugli scugnizzi napoletani. Come li racconta?
Nel primo capitolo del docufilm parto proprio da quelle interviste, da quelle storie cercando quelle stesse persone. È come mettere allo specchio la Napoli di questi anni con quella raccontata dal bravissimo giornalista napoletano.
Nel primo capitolo si parla di scugnizzi: cosa ci aspetta poi?
I miei passi diventano il collegamento tra le storie, dopo gli scugnizzi c’è una storia legata a Caravaggio del Pio Monte della Misericordia.
Proseguo con un’intervista molto intima ad una trans e nel quarto capitolo, invece, racconto Angelo Picone, il vero “pazzariello” di Napoli conosciuto in tutto il mondo anche per aver “creato” il paniere Solidale durante la pandemia.
L’ultimo capitolo è dedicato ai non vedenti: con Yuri, il figlio dell’amatissimo cantautore napoletano Federico Salvatore, andremo a Castel Sant’Elmo per raccontare l’opera di Puddu, un corrimano capace di raccontare la bellezza in caratteri braille.
Dopo l’omicidio di Giogiò aveva affermato che serie televisive come Mare Fuori e Gomorra fossero pericolose. Lo pensa ancora?
Come molti esperti e massmediologi anche io penso che certe rappresentazioni della realtà siano deleterie. Non tutti riescono a capire quali sono i limiti della verità, dove inizia e dove finisce la fiction.
Serie televisive come quelle citate hanno un transfert pazzesco specialmente su alcuni giovani che non hanno gli strumenti culturali per capirne il messaggio.
Anzi in quelle storie ci si riconoscono provocando persino l’effetto imitazione. Questa pericolosa deriva la si può intuire persino guardando i giovani su Tik Tok.
C’è una responsabilità quindi dei registi che scelgono determinati racconti per i loro lavori?
No, io non penso sia solo una responsabilità del regista che in fondo fa il suo lavoro.
Credo sia piuttosto la Rai o le grandi piattaforme streaming che debbano filtrare. Chi manda in onda certe produzioni delle domande deve farsele. La tv è un mezzo potente che come diceva Pasolini: È “un medium di massa” che si asserve alla massa dei telespettatori “per asservirli”.
Lei vanta un curriculum prestigioso nelle produzioni teatrali e da sempre racconta la Napoli storica e artistica. Con Napoli S-Velata è al cinema e alle prese con i problemi del nostro tempo. Dove nasce questa esigenza?
L’ultimo ciack di questo lavoro è stato a fine marzo.
Da allora sono cambiate troppe cose e al momento non intendo continuare a raccontare la Napoli di oggi.
Sono molto arrabbiato con la città che vedo oggi, una città abbandonata a se stessa dove mancano i servizi sociali e la sicurezza è ancora poco garantita.
Per il centro storico per esempio di notte girano quattro volanti. Mi sembrano davvero un po’ pochine per una città così complessa.
Continuerò con il teatro e l’arte classica e non so se sarò capace di interiorizzare il mio dolore ma per il momento no, la Napoli di oggi non mi interessa più.