L’illusione della distanza è il tema di #Giffoni54
È “L’illusione della distanza” il tema di #Giffoni54. La notizia arriva in occasione del Giffoni Day celebrato il 20 novembre nella Multimedia Valley. Una data speciale, che ricorda quando, nel 1970, l’allora diciottenne Claudio Gubitosi ebbe per la prima volta l’intuizione di un evento unico dedicato a bambine e bambini, ragazze e ragazzi, diventando in oltre mezzo secolo uno degli eventi culturali e sociali più seguiti e amati al mondo. È stata questa l’occasione per annunciare ai giffoner – e non solo – quello che sarà il filo conduttore di tutte le attività del 2024 e il festival in programma dal 19 al 28 luglio.
“L’Illusione della Distanza”, in quest’era definita dalla connettività digitale, è un tema urgente perché evidenzia un paradosso, indica i pericoli del senso di isolamento che si insinua nella vita delle nuove generazioni con la paura dell’altro, del diverso, del lontano, con l’inganno di sentirsi separati. Un invito a ritrovare i sentieri, a scoprire i legami invisibili che esistono, nonostante le apparenti divisioni e ad inventarne di nuovi, per rivelare quanto siamo incredibilmente prossimi, indissolubilmente uniti.
La distanza che Giffoni si propone di esaminare trascende quella fisica, abbracciando le sfere emotive, culturali e spirituali. La recente esperienza del Covid-19 sembrava aver imposto una nuova, importante consapevolezza del valore imprescindibile delle relazioni e del contatto con l’altro, ma già sembra sgretolarsi col tempo. Questo periodo ha messo in evidenza non solo le difficoltà intrinseche nel mantenere uno spazio fisico, ma ha anche offerto opportunità per riconsiderare e rafforzare i modi in cui ci si connette. Quello che continuiamo a vivere adesso è un tempo di separazione. Ma non è più colpa di un virus. Ci sono molte altre forme di separazione, meno evidenti, altrettanto drammatiche e urgenti. Guardiamo alla nostra percezione delle tragedie globali. Le guerre relegano gli abitanti di una parte del mondo al ruolo di spettatori che le percepiscono come lontane e non direttamente rilevanti nella propria esistenza. Ecco, un’altra illusione dietro la quale si nasconde un problema profondo. Il disagio e il dolore nel confrontarsi con la sofferenza altrui, il senso di impotenza nel fare qualcosa al riguardo, possono indurre la mente a creare una distanza emotiva da queste tragedie.
Altre domande verranno su conflitti che nascono da altre illusioni di distanza: conflitti ravvicinati questi ultimi, persino intimi, e che a volte culminano nella tragedia, come l’enorme numero di femminicidi ci mostra quasi quotidianamente. Complessi e svariati meccanismi ne sono all’origine: culturali, sociali, educazionali e così via. Ma c’è una linea rossa che li accomuna: la percezione di una distanza incolmabile tra uomo e donna. Percezione maschile e maschiocentrica in verità, che con un atto violento si pretende di controllare e dominare.
Andare oltre i numeri e ascoltare le storie individuali delle persone colpite può aiutare a creare una connessione emotiva, una comprensione più profonda delle loro esperienze. L’arte, il cinema e la cultura hanno il potere di costruire ponti autentici tra le persone. Ogni storia raccontata è un viaggio verso la comprensione delle esperienze altrui.
In un mondo che sembra dividersi e dividerci, conoscere le storie degli altri è un atto di ribellione contro l’illusione della distanza. Ogni voce, ogni racconto, è una protesta contro l’idea che siamo estranei l’uno all’altro. È un’opportunità di riconoscere che, al di là delle differenze superficiali, siamo tutti coautori di una storia in continua evoluzione, di un’esperienza collettiva, di una nuova consapevolezza che ci permette di vedere oltre il nostro immediato campo visivo, di fuggire all’inganno di un “mondo piccolo” in cui contano solo le idee di chi è vicino a noi e condivide valori simili.