La Campania non è una regione per bambini e donne: il report “Mai più invisibili 2023”
La Campania non è una regione per bambini e neanche per donne. A un giorno dall’uscita del report “Le Equilibriste - La maternità in Italia 2023” di Save the Children – che racconta quanto è difficile essere madri nella nostra regione – arriva un’altra doccia fredda per la Campania, ovvero la regione italiana in cui il tasso di esclusione sociale dei minori raggiunge il 58,5%, la percentuale più alta in Italia (ben 570mila bambini e ragazzi).
Guarda le interviste a Martina Albini (responsabile del centro studi WeWorld) e Luca Trapanese (assessore al Welfare del Comune di Napoli)
La Campania è 19esima per tasso di inclusione sociale
Più precisamente, la Campania si classifica 19esima tra le regioni italiane per inclusione di donne e minori, uno dei risultati peggiori, e prima solo di Puglia e Basilicata. Lo rileva il report “Mai più invisibili 2023”, curato da WeWorld, organizzazione italiana impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne e bambini in 27 Paesi, presentato stamattina a Palazzo San Giacomo. Il rapporto analizza l’inclusione di donne, bambini e bambine nel nostro Paese attraverso 30 indicatori, con una visione ampia, dinamica, personale e sociale, intersezionale e universale dello sviluppo.
A pesare negativamente, in Campania, gli scarsi servizi per la prima infanzia: con 11 posti autorizzati nei servizi per la prima infanzia ogni 100 bambini/e, la Regione registra infatti il risultato più basso di tutto il Paese, che ha una media invece di 27,2. Pesa sul risultato nella classifica generale anche la scarsa spesa dei Comuni campani per la cultura, la più bassa d’Italia con solo 2,8 euro a persona, contro una media nazionale di 17,3.
Negativo anche il risultato relativo alle dimensioni ambientali e “di contesto” (qualità dell’aria, delle abitazioni, evoluzione digitale, violenza contro donne e bambini/e), dove, pur avendo registrato miglioramenti dal 2018, la Campania resta tra le ultime tre Regioni italiane.
Dai dati nazionali emerge un Paese diviso in due
A livello nazionale, tuttavia, il report fotografa un quadro complicato pressoché in ogni Regione, con poche eccezioni, tra cui la Provincia autonoma di Trento e la Valle d’Aosta, le sole che garantiscono livelli di inclusione sufficienti per donne, bambine/i e adolescenti.
L’Italia, infatti, sta ancora scontando le conseguenze dovute alla pandemia e alle successive crisi economiche e sociali, che hanno peggiorato la situazione nazionale in merito all’inclusione di donne e bambine/i. In Italia oggi sono quasi 15 milioni i bambini, bambine e donne che vivono in regioni che non garantiscono un adeguato accesso a esperienze educative di qualità, salute, opportunità economiche e partecipazione sociale e politica. Sono bambini, bambine e donne che vivono in contesti di esclusione grave e molto grave, un dato allarmante che mette a rischio il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
L’Indice fotografa un Paese non ancora in grado di garantire piena protezione e promozione dei diritti di donne, bambine, bambini e adolescenti. Secondo il rapporto, infatti, l’Italia continua a vivere in una situazione di stallo: da un lato il divario territoriale tra Sud e Nord non viene colmato e dall’altro, le Regioni in partenza più virtuose, che assicuravano già livelli base di inclusione maggiori, non sono riuscite a raggiungere traguardi più ambiziosi, in alcuni casi anche peggiorando la propria performance. In generale, per donne, bambine e bambini lo svantaggio deriva dalla discriminazione che subiscono non solo come donne e minori, ma anche perché appartenenti ad altri gruppi sociali soggetti a pregiudizi (per etnia, classe sociale, orientamento religioso e sessuale).
Ogni Regione, anche quelle che risultano più in alto in classifica, è caratterizzata da forme di disuguaglianza interne. Nelle Regioni dove il grado di esclusione risulta grave o molto grave, queste disuguaglianze si acuiscono, creando un divario enorme tra coloro che hanno pieno accesso ai proprio diritti e chi nasce in contesti svantaggiati dove anche l’accesso a esperienze educative di qualità o l’occupazione femminile e le politiche inclusive di conciliazione vita lavoro sono quasi un miraggio.
Classifica per Regione
Le prime cinque Regioni in Italia per inclusione di donne, bambini e bambine, secondo il report di WeWorld, sono Provincia autonoma di Trento, Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna. Ottava il Lazio, nona la già citata Lombardia.
Fanalino di coda, le Regioni del Sud, dove dal 2018 è aumentata la quota di minori a rischio di esclusione sociale (da 39% a 43%: ciò significa che al Sud e nelle Isole più di 4 minori su 10 sono a rischio di esclusione sociale), per un totale di 1 milione e 377mila bambine e bambini.
Dal 2018 a oggi, Calabria, Sicilia, Campania, Puglia e Basilicata continuano a essere le ultime cinque Regioni italiane per inclusione di donne, bambine e bambini. In Calabria, la Regione più povera d’Italia con 2 famiglie su 10 sotto la soglia di povertà e un PIL pro-capite pari a 17.600 euro (contro una media nazionale di 30.100), il 43% di minori è a rischio di esclusione sociale, contro una media italiana del 27,7%; nel 2022, in Calabria i posti autorizzati nei servizi per prima infanzia sono solo 12 su 100, contro una media nazionale di 27.
La Campania è la regione in cui si registra la più alta percentuale di minori a rischio di esclusione sociale: 58,5% nel 2022, cioè circa 570mila bambini/e; con 11 posti autorizzati nei servizi per la prima infanzia ogni 100 bambini/e, registra il risultato più basso di tutto il Paese.
La Sicilia registra il tasso di abbandono scolastico più alto del Paese, 21,2%, contro una media nazionale del 12,7%.
In Sicilia si registra la percentuale più bassa di donne laureate o in apprendimento permanente: rispettivamente 22,6% (media nazionale del 33,3%) e 6,8% (media nazionale del 10%).
In Basilicata, fanalino di coda dell’Indice di WeWorld, 1 minore su 3 è a rischio di esclusione sociale; nel 2022, 4 studenti di terza media su 10 (40%) non hanno competenze alfabetiche adeguate e 5 su 10 (48,9%) numeriche. Nel 2022, la differenza tra tasso di occupazione femminile e maschile era di circa il 25%, contro una media nazionale del 18%.