Venerdì, 30 Maggio 2025

Morte accidentale di un anarchico: quando il teatro è denuncia sociale

Un palcoscenico costruito in platea, su una sagoma che ricalca le sembianze di un uomo morto. E uno spettacolo che tradisce la commedia dell’assurdo, trasformando la comicità in dramma, l’ironia in dialogo delirante e graffiante, ma che funziona, anche se non è quello che era in origine.

Morte accidentale di un anarchico, in scena al Teatro Bellini di Napoli fino a domenica 1 giugno per la regia di Antonio Latella, adegua ai tempi di oggi quella che cinquantacinque anni fa Dario Fo rappresentava come una ribellione sociale a furia di versi e battute taglienti. E chi lo vede ora apprezzerà innanzitutto una grandissima interpretazione di Daniele Russo, che nei panni del personaggio del Matto, recita per due ore e mezza, con tempi scanditi da un martellare di suoni, e una performance che trasforma la risata amara della commedia dell’arte  in un dialogo graffiante di feroce critica all’establishment politico e sociale.

Un’operazione coraggiosa, e necessaria per certi versi, se si utilizza il teatro come palcoscenico della vita reale, soprattutto quando si vive in tempi di rigurgiti fascisti. Dario Fo e “La Comune”, il suo gruppo teatrale, rappresentarono Morte accidentale di un anarchico per la prima volta il 5 dicembre del 1970 a Varese e al Premio Nobel per la Letteratura costò più di quaranta processi. Andava contro una verità precostituita: la morte data per “accidentale” dell’anarchico Giuseppe Pinelli che cadde dalla finestra del quarto piano della Questura di Milano nel 1969 durante un interrogatorio e che fu archiviata dalla magistratura come un caso di “malore attivo”. Dario Fo, insieme alla moglie Franca Rame, ne fecero un’opera con un work in progress, attraversi verbali dei processi, articoli di stampa, interviste, con diverse stesure del testo. Per arginare i guai giudiziari, poi, Fo spostò l’azione negli anni Venti in America dove era avvenuto un caso simile a quello di Pinelli.

La Morte accidentale di un anarchico di Latella è costruita attorno al testo di Dario Fo ma va in una direzione scenica molto diversa, per certi aspetti anche opposta. Ma non occorre, necessariamente, aspettarsi di ritrovare Fo, che era l’unico capace di recitare se stesso e di rendere giustizia alle ingiustizie con la forza potente dei suoi versi e della risata, per apprezzare la versione in scena al Bellini. Daniele Russo è sempre credibile nei panni del Matto, parla senza sosta, ci intriga incessantemente nel gioco dell’assurdo, dove consegna a tutti la sua verità, graffia con le parole, in un costante rovesciamento di prospettiva che restituisce il senso del teatro come uno specchio del reale. E nel dialogo parossistico e paradossale emerge un rapporto conflittuale con lo Stato, che lascia la sensazione addosso dell’inganno, dell’essere alla fine dei burattini portati in groppa da ottusi burocrati, proprio come i fantocci che appesantiscono gli attori, limitandone i movimenti, a dire: siete dei burattini anche voi.

La grandezza di un testo sta anche in questo: nell’essere tradito rimanendo fedeli alla sua sostanza.

 

Ida Palisi
Author: Ida Palisi
Giornalista professionista, esperta di comunicazione sociale, dirige l’Ufficio Comunicazione Gesco. Collabora con il Corriere del Mezzogiorno per le pagine della Cultura.

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