Patrizia de Mennato: un’ora di educazione per i giovani
Arrivare ai giovani, troppo spesso distratti dai Social, renderli più consapevoli e partecipi della vita sociale e culturale della città. È tra gli obiettivi delle attività culturali promosse da Patrizia de Mennato, già pedagogista e “padrona di casa” di Villa di Donato, che mercoledì 12 giugno alle 18 a Napoli, presso il bistrot Le Lazzarelle della Galleria Principe, presenta il suo libro “L’ora di educazione” (Colonnese editore).
Si tratta di una raccolta delle sue riflessioni - apparse in questi ultimi anni sulle colonne del Corriere del Mezzogiorno - sui fenomeni sociali e culturali che, in taluni casi, riguardano Napoli, in altri, focalizzano l’attenzione su dinamiche più complesse e trasversali. «Un modo per lasciare una traccia – racconta l’autrice – anche per i miei nipoti e, allo stesso tempo, far passare l’idea della necessità di una ora di educazione civica e sociale per i nostri giovani». Ecco cosa ci racconta Patrizia de Mennato.
Partiamo dal titolo. Un’ora di educazione: perché?
Avendo fatto per anni la docente di pedagogia e occupandomi di comunicazione, ho sentito l’esigenza di trattare degli argomenti, a partire da quelli sociali, rivolgendomi in particolare ai giovani. Durante il Covid, questa esigenza si è trasferita su carta stampata nel momento in cui il Corriere ha ospitato i miei contributi. E ora questa idea di raccogliere i miei articoli, un po’ per caso, un po’ per divertimento, ma anche per non disperdere quelle riflessioni sull’educazione, appunto, di questa città. Come c’è l’ora di musica e di ginnastica, può esistere l’ora di educazione civica e sociale, che riguarda i singoli ma anche le istituzioni, parimenti oggetto dei miei scritti. Ma c’è anche una ragione personale.
Quale è la ragione personale?
Lasciare una traccia perché questi pensieri vengano tramandati ai miei nipoti che sono già grandi, hanno superato i 30 e hanno una brillante carriera già avviata, ma trovavo importante che loro si rendessero conto di una serie di riflessioni, nate durante la pandemia, che puntano l’attenzione non solo su alcuni fenomeni che attraversano la città ma anche su problematiche più universali, perché comuni ad altre città.
Avvicinare i giovani, cosa per niente facile in questo momento storico.
Esatto, questo è un momento particolare. I giovani sono spesso distratti, la verità è anche che li conosciamo poco. Le passioni che io coltivano da giovane non sono più quelle di oggi, ma bisogna sforzarsi e trovare un canale per attrarli. Io cerco di tradurre questi miei propositi operativamente attraverso gli eventi culturali di Villa di Donato. La cosa più urgente, a mio avviso, è quella di coinvolgerli a partecipare e renderli consapevoli di ciò che li circonda.
In che modo intendete coinvolgere i giovani della città?
Noi stiamo provando a farlo mettendo su una offerta culturale, a partire dai concerti, capace di intercettarli. Ora stiamo lavorando alla progettazione, grazie anche ai suggerimenti di alcuni amici esperti di culture giovanili, che sanno cosa piace alle nuove generazioni, fermo restando che per me i “giovani” vanno dai 18 ai 40 anni, ho una idea un po' dilatata e imprecisata dell’età, in questo periodo in cui facciamo i conti con una adolescenza prolungata.
IL LIBRO
Una serie di vivaci e interessanti articoli, come spiega nella prefazione il direttore del Corrie del Mezzogiorno Enzo d’Errico, in cui Patrizia de Mennato tratta le tematiche della pedagogia (e non solo), con «la giovinezza di uno sguardo non offuscato dalla polvere accademica, e una scrittura che sa come accompagnarti, riga per riga, fino al termine del ragionamento». Scritti che non lasciano mai indifferenti «perché, tramite una bussola con punti cardinali inediti, s’inerpicano sugli impervi sentieri del rapporto fra vecchie e nuove generazioni, esplorando ogni possibile cucitura nello squarcio che le divide, oggi ancor più di ieri».
L’AUTRICE
Patrizia de Mennato, ideatrice e curatrice degli eventi culturali di Villa di Donato, è ordinario di Pedagogia generale e sociale. Ha insegnato a Napoli, Catania e Firenze, dove ha fondato il Laboratorio di Medical Education attraverso l’uso dei film; e nel 2008 ha partecipato alla stesura del Manifesto della Società Italiana di Pedagogia Medica (SIPeM).