Roxy in The Box al Premio Amato Lamberti 2024: “Ogni artista è responsabile del suo messaggio”
Il suo immaginario, colorato e giocoso, si confronta con tematiche complesse come il femminismo, le identità e i ruoli di genere, le costrizioni sociali, il dolore della solitudine, il bisogno d’amore, l’alienazione consumista, le migrazioni, aiutandoci a ripensarle.
Roxy in The Box, nome d’arte della napoletana Rosaria Bosso, è tra le artiste e gli artisti che hanno deciso di donare una propria opera ai vincitori del Premio Responsabilità Sociale Amato Lamberti 2024, in programma a Napoli sabato 21 settembre 2024, dalle ore 18, nel Complesso di San Lorenzo Maggiore (Sala Sisto V). Per questa occasione, la poliedrica artista ha scelto l’opera dal titolo “Save The Icon. Un tributo a Elvis Presley”.
Quanto pensi sia importante la responsabilità sociale nel mondo dell’arte?
Io credo che l’impegno sociale sia proprio il lavoro dell’artista. Questo premio, come tutti i premi, è importante perché crea una memoria: in quest’ottica, io ho preso parte molto volentieri al progetto.
“Save The Icon”: perché la scelta è caduta proprio su quest’opera?
Ho scelto un’opera che nasce da un esperimento e confluisce in un progetto di ricostruzione storica delle icone per salvare la memoria.
Come è nato questo progetto?
Il progetto prende forma nel 2013, ma io ce l’avevo già in testa e in pancia da tempo. Per 5 mesi mi chiusi in casa e mi documentai affondo su Elvis, personaggio di cui sono sempre stata una grande fan. Avevo voglia di entrare nel profondo, scavare nella sua personalità, salvo poi rendermi conto di quanto fosse complesso, scoprendo di lui cose poco note al pubblico. Volevo essere lui, così quando mi sentii pronta, mi trasformai fisicamente in Elvis, “indossando” la sua vita, e chiamai un fotografo per farmi immortalare. Insomma, feci una full immersion simile a quella che avrebbe potuto fare un attore per vestire i panni di un personaggio, senza però avere quella esperienza né essere guidata. È stato un esperimento abbastanza impegnativo e, sotto certi aspetti, doloroso. Infatti, non ho fatto poi cose simili.
Sono più di venti anni che ti muovi in campo artistico, come è cambiato il mondo e come è mutato il tuo modo di raccontarlo?
Il mondo cambia per tutti, per ognuno di noi in modo diverso, certamente non è sempre migliorato. Il nuovo spesso può spaventare, ma io ho sempre cercato di non avere questa visione catastrofista. Nel mio lavoro artistico, nel corso degli anni, sono diventata più consapevole e, quindi, più responsabile del messaggio da dare. Messaggio che per me certamente non passa dalla morale, che è una cosa che non mi appartiene.
A proposito di messaggi, quale è quello che vuoi far arrivare forte e chiaro a chi osserva la tua arte?
Io mi definisco una artista “social pop”, perché ho uno sguardo sulle persone, mi piace indagare l’essere umano, sia quando mi intenerisce sia quando mi fa incazzare, così come mi piace andare affondo nella lettura della comunità, anche con i suoi vizi e i suoi eccessi.
Ti è mai capitato di interrogarti sul senso del tuo lavoro?
Se mi capita di aver paura, e mi capita, di andare fuori dai binari o mi interrogo sul senso più profondo delle cose che faccio, arriva puntuale la risposta dentro me stessa. Mi dico che è giusto fare quello che si vuole, ciò che si desidera in quel momento. In fondo, per questo ho deciso di fare l’artista: per essere libera di esprimermi.
Hai sempre usato più media, più canali, più linguaggi. Ne hai uno privilegiato?
È vero, ho usato linguaggi diversi. Ma è stata una scelta coraggiosa all’inizio. Oggi tutti utilizzano più media, ma non è sempre stato così. Quando ho cominciato, mi sono sentita dire che, così facendo, avrei rischiato di non essere identificata, non essere riconoscibile. La mia prima personale era fatta di video, foto, disegni, musica; alla fine, non mi sono mai fatta influenzare e ho portato avanti i miei progetti come volevo io. Oggi sono attratta soprattutto dalle immagini in movimento, ma i miei prossimi progetti li svelerò al momento opportuno.
L’OPERA
“Save The Icon. Un tributo a Elvis Presley” è una sperimentazione performativa e fotografica che esplora l'uso delle icone storiche nel contesto contemporaneo. Attraverso la sua ricerca, l'artista sfida il pubblico a riflettere sull'inevitabile scorrere di un "mondo liquido" in continua accelerazione, che svaluta le icone e le nostre storie, rischiando di portarci alla dissoluzione della nostra identità. La visione ecologica di Roxy in the Box ci invita a considerare i pericoli legati all'uso e abuso delle immagini, a cui siamo quotidianamente esposti a causa del bombardamento iconografico diffuso da internet e dai social network.
L’ARTISTA
Roxy in The Box ha realizzato numerose opere di street art e ha partecipato a residenze artistiche in giro per il mondo, dal 1999 espone in musei e gallerie in Italia e all’estero. Nel 2023 ha realizzato la progettazione visiva del Pessoa Luna Park ideando opere da giocare e da vincere per la tappa napoletana del parco tematico itinerante.
Fra le sue mostre e i suoi progetti: Maresistere, Museo Archeologico Nazionale di Napoli (2019), poi installata in permanenza presso l’Archivio di Stato di Napoli (2024); Best Packaging: scienza+design, Fuorisalone, Milano (2017); La Sposa Madre, Museo Cappella Sansevero, Napoli (2013); Save The Icon – Elvis Presley, realizzata con lo Studio Trisorio presso Borgo di Postignano, Sellano (2013); Storie che fanno la Storia, Festival di Sky Arte in collaborazione con Sky Academy, Napoli (2017); Cinesonika International Film and Video Festival of Sound Design, Vancouver (2011); In & Out presso la Kunsthalle di Osnabruck (2017); Arredo Palazzo Italia, a cura della Farnesina, Belgrado (2006); Cow Parade in Piazza della Signoria, Firenze (2005); Unwritten Structures. Italia, Racconti (in)visibili, mostra itinerante fra Sud America ed Europa dell’Est, con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l‘UNESCO (2019); Social PoP Mirabilia, mostra personale presso lo Studio Trisorio, Napoli (2024). Nel 2008 il regista Massimo Andrei ha diretto il documentario “Schiaffilife. Vita e Opere di Roxy in the Box”.