Scudetto, de Giovanni: “Scenderò in strada ad abbracciare tutti”
La piccola di casa si chiama “Kvara” ed è una gattina: ogni riferimento non è casuale. Che Maurizio de Giovanni sia il fan numero uno del Napoli lo sanno pure le pietre ormai. Va a finire che gli faranno un santino con lo scudetto pure a lui, prima o poi. Al calcio ha dedicato già un romanzo e chissà che verrà fuori adesso che sta per vincere il terzo scudetto, il primo dopo l’era Maradona.
Maurizio quello che lei condivide con un milione di napoletani sembra essere l’amore più grande del mondo. Come si spiega?
“È una cosa diversa dall’amore perché l’amore lo provi per l’altro da te qua invece è una questione di identità, è la consapevolezza di essere di fronte a una parte di noi. Io credo che non sia un caso che Napoli è l’unica grande città che ha una sola squadra: è così perché il calcio qui è una cosa profondamente identitaria. Ciò non toglie che ci sia una dialettica all’interno del tifo, abbiamo anche noi i nostri derby interni come tifosi: ci insultiamo, siamo assolutamente conflittuali, non è che andiamo d’amore e d’accordo però è fortissimo il sentimento di riconoscimento della città per la squadra, e viceversa”.
Ragazzi fino a pochi mesi fa su cui nessuno avrebbe scommesso un euro, oggi sono dei piccoli eroi.
“Noi non ci credevamo e chi dice di averlo immaginato finge. In realtà nessuno mai avrebbe pensato che cedendo i migliori giocatori e preso ragazzi al loro posto in alcuni casi sconosciuti, saremmo arrivati fin qui. Eppure la rabbia, la voglia di vincere hanno avuto la meglio, insieme a un allenatore e a una società che hanno dimostrato di averci visto giusto”.
Ce l’ha, un calciatore preferito?
“Non credo di averlo però devo dire che la mia simpatia maggiore va verso Di Lorenzo che è il capitano ma anche un giocatore italiano. È un motore silenzioso molto forte, con la specificità di essere uno di quei giocatori che sanno dare l’esempio con la forza d’animo”.
E di questa processione costante ai murales di Maradona che cosa pensa?
“Napoli ha avuto il suo Pantheon laico con tanti templi dedicati a categorie particolari, che vanno in sintonia con la fantasia popolare: accanto a San Gennaro ci sono Massimo Troisi, Pino Daniele e Diego Armando Maradona, il cui tempio è il luogo simbolo di questa nostra fede laica diffusa”.
Cosa è cambiato dai tempi degli scudetti con Maradona?
"È cambiata la città. Quella di trent’anni fa veniva dal terremoto, dalla ricostruzione, era in mano alla camorra, al contrabbando e al traffico di droga. Era, insomma, una città in ginocchio, dove gli scudetti rappresentarono un’ inversione di tendenza. Oggi Napoli è una metropoli europea, piena di luci e ombre. Ci sarà una grandissima festa popolare, con generazioni diverse a parteciparvi”.
Questa sua passione è condivisa anche dalla sua famiglia?
“Sì, la famiglia è una cosa sola di fronte al calcio. È tutta presente a seguire le partite, lo facciamo insieme, con mia moglie, i figli, mia sorella e mio fratello. È come un rito”.
Scriverà qualcosa su questo scudetto?
“Non lo so, non in maniera istantanea non voglio scrivere niente, ad eccezione di qualche articolo che potrebbero chiedermi. Per qualcosa di più strutturato ho bisogno di fare sedimentare l’ idea dentro di me”.
E quando sarà, come festeggerà?
“Spero di sopravvivere innanzitutto, poi mi butterò per la strada con la gioia di abbracciare e incontrare tutti, anche la gente che non conosco”.