Domenica, 17 Novembre 2024

Vincenza Alfano: Io, l’infermiera nel film su Alda Merini tratto dal mio romanzo

«La piccola parte dell’infermiera è stata una carezza del regista Roberto Faenza che mi ha dato la possibilità di accompagnare e salutare Alda Merini negli ultimi istanti della sua vita». Così, la scrittrice Vincenza Alfano parla del suo cameo nel tv movie “Folle d’Amore” con Laura Morante, in onda giovedì 14 marzo in prima serata su Rai 1.

Un film dedicato alla “poetessa dei Navigli”, liberamente tratto dal romanzo firmato dall’autrice napoletana e intitolato “Perché ti ho perduto” (Giulio Perrone editore).

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Vincenza Alfano, qual è la Merini che racconta nel suo libro?

Ci tengo a sottolineare che la mia non è una biografia, ma un romanzo. Ho fatto una scelta narrativa precisa: inizio con lei ancora ragazza in una Milano bombardata, per passare poi al cenacolo di Giacinto Spagnoletti, dove diventa una rivelazione, e al profondo legame con Giorgio Manganelli, di cui diviene l’amante. Una storia destinata a finire, con Alda e Giorgio che non possono stare insieme perché sono un riflettersi allo specchio, un alter ego, ma che anche dopo la separazione fisica continuano ad amarsi.

E poi c’è il manicomio

Sì. Ho voluto incentrare il mio romanzo proprio sugli anni del ricovero al Pini, cui dedico capitoli più ampi rispetto agli altri temi che affronto in modo sintetico.

Perché?

Perché se togliamo il manicomio, togliamo alla Merini la sua personalità. È in questo luogo di sofferenza, di perdita di dignità, dove il tempo è scandito dalla somministrazione di psicofarmaci e dalla cura del sonno, che lei ritrova la fonte dell’ispirazione poetica. Qui incontra Celeste, un personaggio inventato che è presente anche nel film con un ruolo ridimensionato, di cui diviene amica. Una donna che vive una situazione di disagio con un marito violento, alla quale la Merini insegna a comporre poesie.

Ma che cosa rappresenta la follia per la Merini?

È la libertà di questa donna che avendo una forte sensibilità non riesce a stare dentro gli schemi, non sa stare nella famiglia tradizionale. Ci prova ma non ci riesce perché la normalità la opprime, le soffoca l’anima. Nel film si vede benissimo quando lei tenta di essere una madre e attenta alla vita domestica ma nella sua testa frulla sempre la poesia. E allora ci si chiede: ma perché una donna che è anche un’artista deve colpevolizzarsi? Consideriamo che nell’Italia degli anni Settanta lo stereotipo dell’angelo del focolare era molto più forte di quanto non lo sia oggi. Ma nella Merini il suono dell’ombra, quello della poesia, è un qualcosa a cui lei vuole e deve dare voce. Se è folle, la Merini è folle di amore proprio per la poesia, per Manganelli, per le figlie.

Nonostante l’amore, però, la sua esistenza è segnata dalla perdita

Sì, ma il romanzo e il film sono un inno alla vita. Perché nonostante la malattia Alda mette al mondo quattro figli, perché lei è una donna che non smette mai di amare, non smette mai di dar voce al mondo che ha dentro di sé attraverso la poesia.

In che modo il romanzo diventa film?

Grazie a una forte sinergia. Romanzo e film sono in piena sintonia perché hanno entrambi l’obiettivo di liberare la Merini da alcuni cliché interpretativi che non rendono merito al personaggio. E lo fanno con un enorme rispetto per riscattarla dalla presunta volgarità che non è stata sua, dall’idea della facilità dei versi che invece sono profondi. Entrambi danno una nuova vita a questa donna straordinaria.

Donatella Alonzi
Author: Donatella Alonzi
Giornalista professionista e videomaker. Animalista convinta, mamma di Lucia e di Bella, la sua buffa cagnolina.

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