Lunedì, 18 Novembre 2024

Il continente perduto: per la prima volta in italiano con Homo Scrivens

La collana Edgar (dedicata ai classici introvabili) della casa editrice Homo Scrivens si arricchisce di un nuovo, prezioso volume: “Il continente perduto” di Edgar Rice Burroughs. Per la prima volta in italiano, e in traduzione integrale, un piccolo gioiello della fantascienza dall’autore di Tarzan e della saga di John Carter di Marte.

Romanticismo e avventura, per una storia ricca di colpi di scena. Traduzione integrale di Cristina De Tora e apparato critico a cura di Carmine Treanni. Dal 24 febbraio in libreria e negli store online.

Il libro

Per duecento anni, a causa di guerra, l’America civilizzata ha interrotto ogni contatto con l’Europa.

Nel 2137, il tenente-comandante Jefferson Turck è costretto ad atterrare in quella che una volta era la Gran Bretagna per un guasto del suo aerosommergibile. Scopre così una terra desertica, abitata da selvaggi e invasa da leoni discendenti di quelli che una volta erano presenti negli zoo, con i membri della famiglia reale britannica che guidano una piccola tribù.

Turck salva Victory, la figlia del re, dagli scagnozzi di Buckingham, un uomo che ha ucciso suo padre e mira a diventare il nuovo sovrano. Nel tentativo di riportare la ragazza a casa, Turck vivrà una serie di avventure in giro tra le capitali del vecchio continente, combattendo anche con l'esercito dell’impero africano, che intende rendere schiavi tutti gli europei.

Dalla prefazione di Carmine Treanni

Per convenzione, il punto di origine della fantascienza è considerato il primo numero della rivista Amazing Stories, uscito negli Stati Uniti il 5 aprile del 1926. Un pulp magazine – le riviste che fiorirono tra la fine dell’Ottocento e l’inizio della Seconda guerra mondiale, che si caratterizzavano per il prezzo molto basso e per essere stampate su carta di polpa di legno, ricavata dagli scarti delle fibre di legno, che ingialliva abbastanza rapidamente ed era di pessima qualità – ideato dall’editore americano di origini lussemburghesi Hugo Gernsback, sul quale venivano pubblicate sia storie di autori contemporanei sia quelle classiche di autori come Edgar Allan Poe, Jules Verne e Herbert George Wells, considerati dalla maggior parte dei critici come i primi e più significativi scrittori di fantascienza.

Con Amazing, Gernsback intendeva pubblicare un certo tipo di narrativa, che era già emersa qua e là su varie riviste, che mescolava profezie sul futuro e aveva la scienza e la tecnologia come punti focali della storia. Un genere che chiamò in prima battuta scientifiction e che poi divenne in seguito science fiction, la cui traduzione italiana, dovuta al primo curatore della collana Urania della Mondadori, Giorgio Monicelli, è per l’appunto fantascienza.

Dalla postfazione di Carmine Treanni

Nel 1939, in un lungo articolo sul “The Saturday Evening Post” del 29 luglio, intitolato How to became a great writer (Come diventare un grande scrittore), il premio Pulitzer Alva Johnston si chiedeva come identificare un “grande scrittore”, uno davvero bravo, visto che tutti in realtà pensano di esserlo e spesso lo dichiarano apertamente, magari solo per avere un manoscritto chiuso in un cassetto. Insomma, per Johnston sembra che in ogni americano dell’epoca si nasconda un romanziere. Così, il giornalista propone un metodo: prendere il più grande scrittore vivente e analizzare i fattori che lo hanno portato a tale risultato. E qui il premio Pulitzer spiazza tutti i critici letterari dell’epoca, affermando che Edgar Rice Burroughs dovesse essere considerato il più grande di tutti.

Author: Redazione

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