Arrivederci amore, ciao
Un video in bianco e nero. Come quei film di una volta che anche a rivederli per l’ennesima volta ti strappano una lacrima. Anche più di una. Perché c’è chi ha pianto e chi ha mentito. E se non ha mentito, il sangue non ce l’ha.
Cari napoletani, concittadini miei. Le parole che usa Mertens per salutare i suoi tifosi sono le parole che qualunque napoletano userebbe. Ma una frase su tutte, mi ha colpito, sembra scritta da Pino Daniele: quando dice, parlando di suo figlio Ciro “Io non sono nato qua come lui, ma per nove anni Napoli è stata la terra mia e sappiamo tutti che la città è diventata parte del mio sangue”. La terra mia, attenzione, non la mia terra: quell’aggettivo messo lì è una cosa tutta nostra, è un accento di carnalità, è un abbraccio di sillabe, e se non bastasse ci aggiunge anche il sangue. Con un bambino in braccio che si chiama Ciro. E certo, ma da uno che ha chiamato il figlio Ciro che ti vuoi aspettare? Sono molto orgoglioso che mio figlio Ciro sia nato a Napoli e, quando andrà in giro per il mondo, sarà sempre un napoletano.
Solo pochi mesi fa, quando è nato, non vi sentivate un po’ zii?
La mia partenza non è andata come avrei voluto io. E su questo non commentiamo. Cosa si sono detti, cosa è successo, i soldi, Spalletti, De Laurentiis, ma che ne parliamo a fare? So solo che io non me lo aspettavo, ma chi lo avrebbe potuto pensare dai! O sono io non faccio testo. Io sono una cretina romantica. Sono andata al Maradona a maggio a salutare Insigne, mai a pensare che sarebbe stata l’ultima volta che avrei rivisto in campo anche lui. Che poi alla fine sì, ho guardato solo lui comunque, ma sono anni che guardo solo lui, e questa è un’altra storia.
E quindi, Dries, ammore, sono passati nove anni e sono stati meravigliosi. Nove anni di calcio e amore, se qualcuno pensa che siano cose diverse.
Napoli: ma quanto ci siamo divertiti: dopo il video in bianco e nero parte una carrellata di momenti: gol – ovviamente, perché come lui nessuno mai nella storia del Napoli, e il suo primato è quasi un dettaglio nell’affresco mirabolante dei suoi nove anni napoletani – ma anche feste, balletti improbabili, gite in barca, brindisi, baci, risate, barbieri, tassisti, esultanze, tatuaggi, un’esplosione di colore, amore, passione, bellezza, mare, sole, ancora amore, ancora baci, tutto quelle cose meravigliose che ci siamo regalati. Nella nostra mente quel video potrebbe durare ore. Gol meravigliosi quando meno te lo aspetti. Le urla dalla panchina con le mani sui fianchi che gli valsero il soprannome di Ciro da Anna Trieste. Le lacrime di gioia e quelle di rabbia. E vi ricordate il video che girava su tutti i telefoni di Napoli con Mertens sul lettino del fisioterapista a cantare Abbracciame. Un belga che canta in napoletano, ma si è visto mai? Sì, si è visto, e noi potremo raccontarlo ai nostri nipoti. Si è visto un calciatore che è arrivato centrocampista e siccome i centravanti si erano rotti tutti è diventato un goleador. Si è visto un ragazzo che è arrivato belga ed è diventato napoletano. O lo era già, chi può dirlo? Misteri della genetica e della magia, forse.
Eh sì, Dries Ciro Mertens, ma quanto ci siamo diverititi... e quanto ci siamo amati e ci amiamo ancora. Sempre e per sempre.
Ma per me non è un addio: è solo un arrivederci.
Arrivederci amore, ciao.