Solo dieci assistenti sociali a Napoli?
Di Sergio D'Angelo
L’ultima della lista è una ragazzina di 14 anni, aggredita ieri sera da un gruppo di coetanei a Calata Capodichino e finita in ospedale al Cto con una prognosi di due settimane. Ormai, quella legata alla violenza dei nostri ragazzi, non possiamo neanche più chiamarla emergenza.
L’emergenza è uno stato di eccezione, la nostra è diventata invece una condizione permanente con episodi che si susseguono a cadenza praticamente quotidiana. Non ha senso neanche indignarci sui social, se poi non iniziamo mai a mettere in pratica una strategia di prevenzione e contrasto che pur tutti indichiamo come necessaria.
Mi riferisco all’approvazione del Piano assunzionale del Comune di Napoli, che prevede mille assunzioni nei prossimi tre anni. È sicuramente un fatto positivo, di grande importanza, per i cittadini innanzitutto che sono costretti ogni giorno a subire i disagi determinati anche dall’insufficienza dell’organico, ma il punto è che di queste mille assunzioni solo dieci sono riservate a nuovi assistenti sociali.
Sono consapevole che per essere semplicemente in linea con la media nazionale il Comune di Napoli dovrebbe avere poco meno di 6.000 dipendenti, al posto dei 4.800 attuali. Così come mi è chiaro che i limiti imposti agli enti in riequilibrio non ci consentivano un numero di assunzioni maggiore dei mille che finiranno sostanzialmente per rimpiazzare il personale che andrà in pensione. Tuttavia, pur nella consapevolezza che non c’è una sola categoria di lavoratori del Comune che non sia sottodimensionata, chiederò che agli assistenti sociali sia riservata una presenza più rilevante.
Per legge, ogni comune dovrebbe avere almeno un assistente sociale ogni 5.000 abitanti. A Napoli, che ha una popolazione comunale di 957mila abitanti, sono attualmente 152 presso i CSS delle Municipalità, quando dovrebbero essere invece 192. Ma il calcolo puramente aritmetico non fotografa con sufficiente chiarezza la reale necessità di un territorio critico come il nostro. Ieri ho pubblicato un post nel quale riprendevo la classifica annuale del Sole 24 Ore sulla qualità della vita. Napoli è all’ultimo posto in Italia per quella dei bambini fino a 14 anni.
Un numero molto significativo dei nostri minori cresce male perché vive in condizioni inaccettabili, al di sotto di ogni standard nazionale. Dovremmo stampare questa frase e affiggerla in ogni ufficio pubblico, in modo da non fingerci sorpresi di fronte al bollettino di guerra delle violenze che ha assunto un carattere endemico nella nostra città. Molti bambini crescono male e hanno bisogno di aiuto, è nostro dovere fornirglielo.
È compito della politica offrire un supporto concreto, dove famiglie e scuola non riescono da sole a far fronte al fenomeno. Molti nostri giovani crescono in una condizione di disagio economico, sociale, con un forte deficit valoriale perché siamo noi a non riuscire a rendere i nostri valori autorevoli. Non riusciamo a trasformarli in volano al servizio di una pedagogia comportamentale e li lasciamo così in preda di un universo simbolico fatto di miti criminali, legge del più forte, del branco che sostituisce il concetto di collettività. Serve un investimento straordinario, di fronte al quale dieci nuovi assistenti sociali hanno lo stesso effetto di un impacco caldo sulle malattie incurabili.
Lo ribadisco: dobbiamo occuparci dei giovani, anche se non votano.