Una società in crescita. Ma dove va la ricchezza?
Il sud ha una previsione di crescita per il 2023 quasi pari a quella del nord, ma dove va questa ricchezza? È un discorso che faccio spesso sul turismo a Napoli e che i numeri della Svimez non solo confermano, ma estendono a tutta l’economia meridionale.
Abbiamo un milione di lavoratori che guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora includendo anche la tredicesima. Per loro una legge sul salario minimo sarebbe una vera boccata d’ossigeno. Soprattutto con l’aumento dei prezzi causato dall’inflazione, ma ancora di più dalla speculazione senza controlli. È per questo che la battaglia sul salario è anche una battaglia per il sud.
Lavoro povero, paghe basse e prezzi alle stelle significano meno potere d’acquisto. Meno 12 punti percentuali rispetto al 2008 significano che ci possiamo permettere meno cose di quelle che compravamo 15 anni fa. È la prima volta nella storia del paese che si va indietro invece di andare avanti, anche se al nord la differenza è solo del 3%, quattro volte meno della nostra.
Abbiamo più precari. Un lavoratore meridionale su quattro non riesce a trasformare il proprio contratto di lavoro a tempo determinato in indeterminato neanche dopo cinque anni di impiego continuativo. Anche il 75% del part time involontario è preoccupante perché vuol dire che tanti non riescono a lavorare quanto gli servirebbe per guadagnare uno stipendio in grado di sostenere se stessi e la propria famiglia.
Infine il dato sui laureati, che secondo me è il peggiore fra quelli citati perché perdere laureati significa perdere competenze che servirebbero per modernizzare il meridione. Pensate che, dal 2001 al 2021, 460 mila laureati del sud si sono trasferiti al nord. Ancora oggi, un laureato campano su quattro emigra e quelli che restano sono pagati peggio che nel resto del paese.
Non è quindi solo questione di crescita, che comunque resta un dato confortante in questo scenario pieno di ombre, ma anche di come la ricchezza viene distribuita. Non siamo una società povera, siamo una società con grandi differenze economiche e sociali. È di questo che dobbiamo parlare perché povertà e precariato sono ancora più inaccettabili, se persistono anche quando c’è sviluppo.