L’appello per non cancellare il terzo settore: raccolte più di 2000 adesioni
Circa 2000 persone hanno già firmato la petizione lanciata qualche giorno fa sulla piattaforma Change.org PER UNA SANITA’ PUBBLICA, UNA SANITA’ SOCIALE. Allargare lo spazio pubblico e valorizzare le esperienze inclusive del terzo settore.
Un appello per difendere la sanità sociale e salvaguardare il lavoro degli operatori del terzo settore che la Asl sta licenziando per sostituire con operatori pubblici, anziché affiancarli, con il rischio di far perdere il posto ad oltre mille persone, alcune delle quali si occupano di sofferenti psichici e di persone con disabilità o con altre fragilità da oltre 30 anni.
Il documento è stato promosso dai consorzi di cooperative sociali Gesco, Sol.Co., Proodos e Icaro, con le cooperative sociali Era, Accaparlante e Agorà, Legacoop Campania, Legacoopsociali Campania, AGCI Campania, Psichiatria Democratica, Afasp, Arci Napoli, Arcigay Campania, che sottolineano: “È il momento di riscrivere un nuovo patto sociale per rilanciare politiche pubbliche a sostegno delle persone fragili e delle comunità e che possa garantire il mantenimento dei livelli occupazionali, all’interno di uno spazio pubblico allargato e attraversabile”.
Tra i principali firmatari della petizione ci sono le maggiori realtà del mondo sociale campano, tra cui la cooperativa sociale Dedalus e il CNCA, ma anche personaggi appartenenti al mondo della cultura, come lo scrittore Maurizio de Giovanni e l’artista Donatella Donatelli, oltre ad ex direttori di Dipartimento dell’Asl napoletana come Stefano Vecchio.
Contestualmente alla petizione sottoscrivibile on line a questo link, è possibile aderire all’appello scrivendo all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. a cui sono già giunte, in pochi giorni, circa 200 adesioni.
Tra le persone che hanno aderito: Nicola Nardella, presidente VIII Municipalità Comune di Napoli; Luigi de Magistris, già sindaco di Napoli; Patrizia Palumbo, dell’associazione Dream Team - Donne in Rete; Monica Riccio, vice presidente Scampia della Consulta delle Associazioni e delle odv della Municipalità 8 del Comune di Napoli; Antonio Piccolo, dell’Arci Scampia; Vincenzo Paradisone, presidente della Consulta delle Associazioni e delle odv della Municipalità 8 del Comune di Napoli; Simona Provvido, vice presidente Piscinola - Marianella della Consulta delle Associazioni e delle odv della Municipalità 8 del Comune di Napoli; Rosario Esposito La Rossa, de La Scugnizzeria; Raffaela Guarracino, assessore alle Politiche Sociali della Municipalità 4.
Hanno dato la loro adesione anche numerose associazioni, tra cui Centro Territoriale Mammut, BandaBaleno, Presidio Libera Scampia Antonio Landieri, Arrevuoto Teatro e Pedagogia, Chi rom e...chi no, Occhi Aperti – CasArcobaleno, Mediterraneo Antirazzista Napoli, Gridas, Circolo Legambiente La Gru, Gruppo Dignità e Bellezza, Caffè Letterario Scampia, Aquas, Moss Ecomuseo Diffuso Scampia, Coordinamento Periferie Unite e Associazione Ponti tra quartiere e Vallone.
Di seguito, il testo dell’appello.
Nella nostra città, come in pochi altri territori nazionali, si è consolidato un modello di lavoro sociale che ha tentato sin da subito di praticare quello che Basaglia teorizzò con la legge 180 del 1978: attivare nuove forme e pratiche di cura e tutela delle persone con disagio psichico, da compiere con il coinvolgimento pieno della società civile, delle famiglie, dell’associazionismo prima e della cooperazione sociale poi. Da allora, le Cooperative Sociali e il Terzo Settore hanno avviato una collaborazione stretta e proficua con il mondo della Sanità Pubblica, occupando spazi che il sanitario puro non poteva riempire, iniziando forme di cooperazione integrata fra gli interventi, valorizzando e potenziando la presa in carico del paziente, attivando e coinvolgendo il contesto sociale di riferimento. Un esempio ne sono le sperimentazioni di lavoro integrato che, a Napoli, hanno generato, ad esempio, il Progetto “Aleph”, della USL 39 di Soccavo o del centro “Aquilone” di Miano, cui hanno fatto seguito ben presto tante esperienze territoriali che hanno avuto il merito di affrontare la sofferenza delle persone insieme al riscatto del tessuto sociale e dei luoghi (a volte complessi) dove operano ancora oggi: Scampia, Ponticelli, Soccavo, Sanità, Poggioreale, Pianura, Secondigliano e in molte altre parti della città si sono radicate esperienze importanti introno ai servizi socio-sanitari della ASL, dove la cooperazione sociale ha contribuito a generare opportunità di inclusione, rammendare le lacerazioni sociali e costruire protagonismo delle persone e delle loro famiglie.
Nel corso degli ultimi 30 anni tutto ciò ha rappresentato un reale investimento in professionalità educative e riabilitative che mettessero a disposizione degli utenti tanto la funzione pedagogica e socio-sanitaria, quanto le competenze e le capacità di promuovere inclusione sociale e lavorativa, di cui hanno pienamente beneficiato il servizio pubblico e i suoi fruitori finali.
Una dimensione concreta che contribuisce ad impiegare, a Napoli, 1300 persone. Milletrecento fra educatori, operatori sociali, Terapisti della Riabilitazione Psichiatrica, Assistenti Sociali, Psicologici, Oss, che sono però anche artigiani, artisti, animatori territoriali ed attivatori di rete, compagni di viaggio e amici di tanti e tante, fra pazienti, familiari, medici.
A partire da qualche tempo, però, le Aziende sanitarie Locali della Campania hanno avviato una serie di interventi volti al frazionamento dei servizi prima, alla loro svalutazione e fino al totale assorbimento. E tutto, pare, per non avvalersi più del supporto della cooperazione sociale. Quella stessa cooperazione che ha operato per l’integrazione dei servizi pubblici, che si è sottratta a processi di privatizzazione selvaggia e ad operare in sostituzione della Pubblica Amministrazione, ora viene, con un colpo di spugna, sostituita! Non affiancata o integrata, SOSTITUITA! Non vogliamo qui sollevare questioni di legittimità, per l’ASL, di assumere direttamente figure professionali che fino a ieri erano quasi interamente affidati all’intervento degli operatori del Terzo Settore. Ci sottraiamo alla logica del conflitto intestino fra lavoratori del pubblico e del Terzo Settore. Ma non faremo un passo indietro nella difesa di un ruolo fondamentale che il Terzo Settore ha assunto in quasi 30 anni di intervento, contribuendo di fatto alla stabilizzazione dei servizi psico-sociali.
È il momento di riscrivere un nuovo patto sociale per rilanciare politiche pubbliche a sostegno delle persone fragili e delle comunità e che possa garantire il mantenimento dei livelli occupazionali, all’interno di uno spazio pubblico allargato e attraversabile.
Affermiamo, oggi, il principio della complementarietà dei ruoli degli attori presenti sulla scena, perché non c’è sovrapposizione o reciproca esclusione fra gli operatori coinvolti.
Rivendichiamo: il rafforzamento dei servizi territoriali che comprendano il ruolo specifico della cooperazione sociale; lo sblocco degli accreditamenti di Centri Diurni Polifunzionali e di comunità, gruppi appartamento, il rilancio dei budget di salute realizzati dalla cooperazione sociale, secondo logiche proprie di una SANITA' PUBBLICA E SOCIALE, che mettano al centro le Persone l’universalità dei diritti.
Ci troviamo davanti una battaglia necessaria, che passa per la difesa dei posti di lavoro, ma si pone un obiettivo di respiro più ampio: lavorare per garantire, incrementare, tutelare una società plurale e partecipe, in cui la presa in carico delle persone fragili resti una responsabilità collettiva e sociale, contro il rischio di un ritorno ad interventi che puntino a contenere il disagio, richiudendolo nelle strutture sanitarie secondo una logica antica di contenimento e reclusione!
SI PUÒ FARE!