Il Cono d’Ombra. Narrative Decoloniali dell’Oltremare
Il Maschio Angioino (via Vittorio Emanuele III) ospita la mostra a cura di Marco Scotini, direttore artistico di FM Centro per l’Arte Contemporanea, Il cono d’ombra, Narrative Decoloniali dell’Oltremare che si potrà visitare gratuitamente fino al 25 agosto 2022.
La mostra è un progetto Andrea Aragosa per Black Tarantella (Napoli), FM Centro per l’Arte Contemporanea (Milano), con il patrocinio della Regione Campania, Comune di Napoli, Mostra d’Oltremare e dell’Università L’Orientale di Napoli.
Il cono d’ombra occupa due spazi di Castel Nuovo: l’Antisala dei Baroni nell’ala nord (al primo piano) e la Sala dell’Armeria (al piano terra), gli stessi spazi che furono parte della Seconda Mostra Internazionale d’Arte Coloniale tenuta a Napoli, nel Maschio Angioino, dal 1 ottobre 1934 al 31 gennaio 1935.
La mostra:
L’esposizione raccoglie più di 50 opere fra cui opere storiche del periodo coloniale in dialogo con i lavori di 12 artisti contemporanei appartenenti alla diaspora africana.
Gli artisti: Kader Attia (Algeria/Francia, 1970), Yto Barrada (Marocco, 1971), Intissar Belaid (Tunisia, 1984), Nidhal Chamekh (Tunisia, 1985), Jermay Michael Gabriel (Etiopia/Eritrea/Italia, 1997), Kiluanji Kia Henda (Angola, 1979), Delio Jasse (Angola, 1980), Ibrahim Mahama (Ghana, 1987), Muna Mussie (Eritrea/Italia, 1978), Pamina Sebastião (Angola 1988), Pascale Marthine Tayou (Camerun, 1967), Amina Zoubir (Algeria, 1983), Aimé Césaire (Martinica/Francia 1913-2008).
“Nonostante oggi la rimozione del passato coloniale italiano sia stata compensata da una ricca mole di studi storici e accademici rispetto a venti anni fa, la mostra Il Cono d ’Ombra muove dalla necessità di trovare altre categorie concettuali (più sperimentali e meno canoniche) se non contro-narrative per ripensare quell’esperienza storica in un mutato contesto politico sociale.”
“La felice coincidenza di poter riallestire a Napoli, nello stesso complesso monumentale, quella che fu la vera e propria anticipazione (premessa e prova generale) della imperiale Triennale d ’Oltremare del 1940 ci pare un ’occasione fondamentale per poter agire all’interno di quell’esperienza, oltre ogni lettura storicamente corretta e plausibile. Non si tratta più di ricostruire un insieme di fatti per integrarli nella conoscenza comune. In gioco c’è la stessa possibilità di lasciar parlare quell’alterità che per secoli ha rappresentato un “cono d ’ombra” della civiltà e a cui l’occidente si è rivolto in modo paternalistico come a qualcosa da emancipare”.