Domenica, 22 Dicembre 2024

Vai, vai, Saudade: al Madre la mostra a cura di Cristiano Raimondi

Si intitola “Vai, vai, Saudade” ed è la mostra a cura di Cristiano Raimondi che sarà inaugurata al Madre giovedì 4 luglio 2024 alle 18.

L’esposizione, che potrà essere visitata fino al prossimo 30 settembre, propone un itinerario poetico articolato in una serie di racconti legati all’arte prodotta in Brasile a partire dal secondo dopoguerra. Si tratta di “appunti di viaggio” che si fondono in un percorso espositivo libero ma interconnesso da tematiche formali e concettuali, spirituali e terrene, politiche e geografiche alla base di una narrazione che segue una logica simile a quella di un romanzo. Lambendo questioni urgenti del Brasile continentale, moderno e contemporaneo, la mostra prende il titolo da una samba composta da Heitor dos Prazeres (Rio de Janeiro, 1898 – 1966), artista Carioca che fu tra i primi a subire la censura della dittatura militare nel 1964.

Organizzata per associazioni, a volte inattese, e dialoghi tra artisti, Vai, vai, Saudade inizia con un’ideale introduzione, che presenta la cultura di questa nazione come il risultato di intrecci tra plurime tradizioni: due artiste, Tomie Ohtake (Kyoto, 1913 – San Paolo, 2015) e Maria Martins (Campanha, 1894 – Rio de Janeiro, 1973), che per un puro caso si incrociarono idealmente in Giappone nella metà degli anni Trenta: Tomie partiva verso il Brasile senza sapere che ci sarebbe rimasta per tutta la vita, mentre Martins rappresentava il proprio paese in quanto moglie dell’ambasciatore brasiliano a Tokyo.

Il quadro di Ohtake ritrae un’astrazione lirica utilizzando i colori della sua patria d’adozione, la scultura Saudade (1945) di Martins racconta attraverso l’allegoria il senso di melanconia proprio a tutti gli immigrati in terra straniera attraverso una rappresentazione  che fonde i miti appartenenti alle culture originarie del Brasile e quelli della cultura classica occidentale. Un ulteriore incipit è rappresentato dal confronto tra l’’opera Livro da Arquitetura (1959-60) di Lygia Pape (Nova Friburgo, 1927 – Rio de Janeiro, 2004), che descrive la storia dell’uomo come costruttore di civiltà attraverso un inventario di archetipi architettonici e una via sacra dell’artista della regione di Acre, Hélio Melo (Vila Antimari, 1926 – Goiânia, 2001), che racconta la distruzione del suo l’habitat naturale da parte di quello stesso uomo “civililizzato” attraverso metafore e allegorie poetiche. La mostra si conclude con la serie Era uma vez a Amazônia di Jaider Esbell (Normandia, Rorania, 1979 – San Paolo, 2021), dove l’artista racconta dell’impoverimento delle condizioni di vita delle popolazioni originarie dell’Amazzonia e del futuro incerto di questa terra vissuta per generazioni nel rispetto del suo ecosistema.

Dalla fine della schiavitù, abrogata soltanto nel 1888, alle immigrazioni di massa da paesi come l’Italia, il Libano, il Giappone e la Germania, sino al più recente bolsonarismo, il Brasile ha vissuto a cavallo tra positivismo e democrazia, dittatura e censura, frustrazione e speranza senza mai abbandonare lo spirito resiliente tipico dei paesi che hanno vissuto una storia coloniale. Un paese che ha esportato la lotta per i diritti delle popolazioni originarie e afrobrasiliane in tutto il mondo facendosi baluardo di valori umanistici e democratici. Intenzione di questa mostra  è quindi quella di presentare il Brasile come terra fertile di idee e rivoluzioni artistiche, un paese che ha saputo costruire un’identità basata sulla valorizzazione del multiculturalismo e fusione di  linguaggi plurimi sfidando le visioni eurocentriche per una storia dell’arte a una sola direzione: il Brasile è sin dai principi del secolo scorso tra i grandi attori delle avanguardie nella scena mondiale e non esiste avanguardia senza l’osservazione delle culture ancestrali o semplicisticamente considerate popolari.

Author: Redazione

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