30 anni dalla morte di Troisi: a Napoli le iniziative per ricordarlo
A Napoli non c’è luogo che non lo ricordi, persona che di tanto in tanto non citi una sua battuta, comico che non lo tenga a modello, aspirante attore che non ne sia, in qualche misura, ispirato: Massimo Troisi è un simbolo, una icona. Come qualcosa che è nell’aria, che c’è e ci sarà sempre, perché le emozioni che ci ha regalato il grande artista, comico, attore, sceneggiatore, regista nato a San Giorgio a Cremano da famiglia “umile ma onesta”, resteranno dentro di noi.
E, oggi, nel trentennale della sua morte, non si possono che rimarcare quei ricordi che restano indelebili nei suoi sketch con “La Smorfia”, in alcune scene memorabili dei suoi film, nelle battute più popolari, nelle espressioni spontanee e talvolta dissacranti che assumeva durante le interviste, in quello scambio di battute indimenticabile con Maradona sul campo, nei suoi duetti con l’amico di sempre andato via, anche lui, troppo presto: Pino Daniele.
Massimo tra ricordi d’infanzia e film omaggio
Ma come era Massimo Troisi nella vita? Un po’ come nei suoi film: schivo, timido, introverso, non amava la notorietà. Eppure era sempre di buon umore, generoso, capace di strapparti un sorriso anche nei momenti più imbarazzanti.
A tracciare un ricordo di Troisi è Gennaro Torre, uno dei suoi migliori amici nonché manager e tutto-fare del gruppo La Smorfia. Torre muoveva i primi passi in campo artistico negli anni ’70 al Centro Teatro Spazio di San Giorgio a Cremano (Na), la prima scuola di Massimo nella sua cittadina d’origine, lì dove tutto sarebbe partito “Con Massimo andavo tutti i giorni da San Giorgio a Torre del Greco, alla scuola per geometri Pantaleo. Eravamo molto legati, come fratelli”, racconta Gennaro Torre, oggi agente di commercio. I due erano amici intimi, trascorrevano molto tempo insieme, ad esempio giocando a calcio, al punto che Troisi passava i mesi estivi in vacanza con la famiglia Torre nella località di Ascea Marina (i due sono ritratti nella foto qui sopra).
In principio, erano “I Saraceni”, con Massimo Troisi, Lello Arena, Nico Mucci, Valeria Pezza, poi, con l’arrivo di Enzo Decaro (nome d’arte di Vincenzo Purcaro), divennero il trio “La Smorfia” (Troisi, Arena, Decaro). Gennaro Torre dipinge così questo passaggio: “Prima ci si esibiva nei teatri napoletani delle nostre parti, poi, un giorno arrivò la svolta. Andammo a Roma, al cabaret romano La Chanson, dove ci capitò di fare da ‘tappabuchi’ a una compagnia che mancò quella sera. Era il 21 aprile 1978 e fu la sera del debutto de La Smorfia. Lo spettacolo andò così bene che fu in cartellone per tre mesi”.
La vita artistica e personale di Massimo è anche ripercorsa nel film di Mario Martone “Laggiù qualcuno mi ama”, uscito l’anno scorso, in occasione di quello che sarebbe stato il suo 70esimo compleanno, e premiato con un David di Donatello. Un omaggio commovente al grande attore, regista e sceneggiatore che non sapeva solo far ridere e piangere, ma era anche capace di far riflettere sulle dinamiche sociali.
Un artista, un ribelle, un “intellettuale”, anche se in maniera spontanea e quasi inconsapevole, che, nei primi anni ’80, rappresentava quasi una avanguardia; il cui modo di fare cinema, improntato a una totale libertà, lo rendeva più simile a certi registi francesi che a qualunque cosa avessimo a quel tempo in Italia. Massimo Troisi, uomo e pensatore, cresciuto assieme alla sua poetica, dagli esordi in un piccolo teatro di San Giorgio a Cremano al film da Oscar Il Postino.
Troisi si fa mettere in crisi dalle donne ed è la prima volta che accade in Italia: comincia così quella messa in discussione del maschile, sottolinea Martone, che rivoluziona anche il cinema, naturale riflesso della società. Pensiamo che fino a poco prima i modelli erano stati quelli di uomini forti e donne “dive”: al contrario, le protagoniste dei film di Massimo sono donne reali e forti, le stesse che scendevano in piazza a rivendicare i propri diritti. Del resto, tutto in Troisi è permeato di politica.
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Le iniziative in città per ricordarlo
Il 4 giugno del 1994, a soli 41 anni, il cuore di Massimo Troisi si fermava: la sua scomparsa, avvenuta a Ostia pochi giorni dopo aver finito di girare Il Postino (nella foto qui sotto l'ultimo saluto sul set), lasciava un vuoto immenso ma, allo stesso tempo, ci lasciava in eredità un prezioso patrimonio da custodire. A 30 anni dalla sua morte, Napoli lo ricorda con una serie di iniziative per far rivivere il grande artista e il suo sorriso.
Oggi pomeriggio, dalle 18, al Museo dell’Acqua, nella Basilica della Pietrasanta, in centro storico a Napoli, la scrittrice Gloria Vocaturo presenta il libro “Troisi, 'O ssaje comme fa 'o core”, un incontro per riunire personaggi del mondo della letteratura, del giornalismo e dello spettacolo nel ricordo di Massimo, tra cui Edoardo Bennato, Maurizio de Giovanni, Francesco Paolantoni, Michele Caccamo, Adele Pandolfi, Lello Esposito, Ilaria Urbani, Raffaele Iovine, Rosaria Troisi. Quest’ultima ha presentato ieri un altro libro-ricordo dedicato al fratello, “Caro Massimo, ti scrivo perché”, con la prefazione di Roberto Vecchioni.
La sua città natale, San Giorgio a Cremano - a 30 anni dal film Il Postino premiato con l’Oscar per la colonna sonora - vuole omaggiarlo con uno speciale “Premio Massimo Troisi”, in programma dal 24 al 29 giugno 2024, che vedrà la partecipazione di attori, esperti, appassionati e critici cinematografici che racconteranno alle giovani generazioni del suo ultimo capolavoro cinematografico e del suo indissolubile legame con San Giorgio.