Devianza minorile, quando è possibile dare una seconda chance. Intervista alla presidente del Tribunale dei minorenni di Napoli
Giovani e coltelli, minori e strada: come fare a tenerli separati? Come si proteggono i nostri ragazzi dalla violenza? Lo abbiamo chiesto alla presidente del Tribunale dei minorenni di Napoli Paola Brunese, incontrata alla Regata dei tre Golfi, la gara a cui ha partecipato il giovane equipaggio del progetto Jonathan – Vela formato dai ragazzi dell’area penale accolti dalle comunità dell’associazione Jonathan a bordo di una imbarcazione confiscata alla criminalità organizzata.
Presidente, come aiutano iniziative analoghe a quella di Jonathan che utilizza la vela come progetto educativo per il riscatto dei ragazzi che hanno commesso reati?
Lo sport aiuta tantissimo i ragazzi a uscire da certe mentalità e determinati circuiti; queste iniziative, alimentando lo spirito di gruppo, fanno sì che insieme si cerchi di raggiungere il traguardo sperato. Ed è bellissimo che il filo conduttore di tutto, proprio in una città come Napoli, sia il mare perché il bello, a mio giudizio, ingetilisce gli animi. Occasioni come questa, poi, sono utili per costruire un clima di fiducia per questi giovani che hanno sbagliato una volta nella vita ma che potrebbero meritare una seconda possibilità. Perciò, esperienze come questa dovrebbero moltiplicarsi.
Dal suo osservatorio, cosa si deve fare perchè i ragazzi siano lontanti da armi e coltelli?
Un ruolo fondamentale hanno le famiglie, che sono la prima agenzia educativa: a loro il compito di supportarli dando il buon esempio e, al contempo, esercitare un controllo su questi ragazzi, stando attenti a come vanno in giro la sera. Alcuni affermano che portano con sé un coltello per difesa, ci posso anche credere, però bisogna spiegare loro che ci si difende denunciando non aggredendo. Poi c’è la scuola, la rete delle associazioni e, da ultimo le istituzioni, a cui arrivano però purtroppo troppo tardi, quando il reato è già stato commesso.
Cosa si può e deve fare per invertire la tendenza di questa “emergenza”?
Non si può più parlare di emergenza: la violenza tra i giovani, oramai, è un fenomeno che conosciamo da tanto tempo quindi è improprio definirla così. La cosa principale da fare è investire nella prevenzione, è un’operazione anche culturale. Bisogna prestare un'attenzione maggiore ai giovani, ai loro stili di vita, spesso sono attaccati ai loro cellulari al punto da esserne completamente in balia.
Si osserva anche un abbassamento dell'età in cui si commettono reati.
Sì, sono sempre più giovani i ragazzi che commettono reati, anche gravi, purtroppo, ma io non ritengo che si debba abbassare la età imputabile perché spesso questi sono ragazzi molto fragili, semmai vanno aiutati. Bisognerebbe, insomma, insistere sull'educazione e fornire loro strumenti capaci di far venire fuori la loro parte bella, non quella animalesca, perché alcuni crimini sono anche frutto dell’ignoranza e della povertà.
In che modo il Tribunale dei minorenni, in questo senso, è impegnato?
Il Tribunale dei minorenni di Napoli è in prima linea su tutti i fronti. Il filo conduttore che lega un po’ tutti questi ragazzi, e sono migliaia, è rappresentato da contesti e amicizie sbagliati, eccessivo utilizzo dei social che li allontana dalla realtà. Anche fiction come “Mare fuori”, per fare un esempio, devono essere filtrate e interpretate in modo corretto.