Incentivare alla lettura i più giovani? Partiamo dai loro genitori
«Per incentivare la lettura nei più giovani, dobbiamo partire dai loro genitori». Aldo Putignano, editore, lettore appassionato ma soprattutto presidente dell’Associazione Campana Editori, commenta il dossier pubblicato da Openpolis sulla povertà educativa, secondo il quale in Campania due ragazzi su tre non hanno mai aperto un libro in vita loro.
Come commenta gli ultimi dati sulla povertà educativa per cui la Campania si conferma maglia nera per percentuale di adolescenti lettori?
Non è una novità, sappiamo benissimo che il numero di lettori, in questa contingenza storica, va scendendo paurosamente in Italia e nel Sud Italia. Non mi meraviglia neanche il dato sui più giovani, indirizzati sempre di più verso la tecnologia dalla stessa scuola. Il vero problema non è solo quanti siano i lettori ma quanti siano i giovani che vanno a teatro o al cinema, ecc. Forse la risposta sta proprio nella povertà educativa, appunto. Altro dato da non sottovalutare è il carattere ereditario della lettura: i figli dei non lettori finiscono, a loro volta, per non sviluppare l’abitudine a leggere. Come dire, il fenomeno è quasi irreversibile, certamente si può provare a migliorare questa statistica ma è complicato invertire completamente la tendenza.
I nostri ragazzi non leggono i libri, ma leggono online…
Questo è un altro problema, nel senso che bisognerebbe scindere le due cose, la promozione del libro scritto non va sempre di pari passo con la promozione della lettura che oggi, nell’era del metaverso, trova altre strade.
Cosa si può fare per cambiare rotta?
Oggi librerie e le biblioteche sono abbandonate a se stesse. Insieme ad altri luoghi di aggregazione culturale, non se la passano per niente bene. Si pretende da loro tanto ma questi luoghi sono in crisi, spesso non hanno strumenti e certamente non hanno risorse economiche. Nelle librerie, in particolare, la funzione commerciale, per una contingenza storica molto complessa, prevale su quella culturale e pedagogica. Accade per esempio che venga ospitata la prima di un libro, occasione molto vantaggiosa dal punto di vista economico, ma poi non viene data continuità alle iniziative. Non c’è un cartellone di eventi ovvero non si creano occasioni di incontro con i lettori, gli editori e il pubblico.
Quale è la sua proposta?
Sarebbe necessario creare una figura specifica in biblioteca, diversa da quella del semplice direttore, oggi diventato una specie di supereroe, perché si occupa praticamente di tutto. Sto parlando di un direttore artistico che possa programmare eventi, momenti capaci di incuriosire e creare dibattito, connettere le diverse energie della città, promuovere la libreria o la biblioteca come luogo di aggregazione anche fisico. Anche la Biblioteca Nazionale di Napoli, luogo così importante in città, dovrebbe avere una programmazione stabile, non ospitare presentazioni e incontri spot. Ma per farlo servirebbero fondi ed energie dedicate.
Che pensa di Maurizio de Giovanni come candidato alla guida della Fondazione Premio Napoli e della sua proposta di avvicinare i giovani alla lettura?
Ovviamente sono d’accordo con lui: avvicinare i giovani al libro sarà un processo difficile da attuare, bisogna certamente partire dai genitori. Lui sicuramente, già come autore, ci sta riuscendo. La Fondazione Premio Napoli potrebbe svolgere questa funzione, cosa che al momento non mi pare sia stata fatta.
In questo momento di allontanamento un po’ da tutte le arti, cinema, teatro e, appunto, libro scritto, che ruolo ha la tv con serie tratte dai romanzi, come appunto, quelli di Maurizio de Giovanni ed Elena Ferrante?
La tv ha un valore importante se unisce, perciò trovo molto interessanti le fiction Rai degli ultimi anni: anche lo stare insieme è un valore. È indiscutibile, poi, che questi prodotti televisivi siano capaci di accendere la curiosità dei telespettatori verso i libri: parlano i numeri, e questo mi sembra una ottima cosa.