“Cuntare” affinché il mondo che ci piace non smetta di esistere
“Nannina” è l’opera prima di Stefania Spanò, la storia della nonna della protagonista e del suo nobile ed antico mestiere, quello della cuntastroppole. La stroppola era un racconto falso che si travestiva di vero “un cunto senza pretese, fatto per stare insieme”, molto diffuso nei quartieri popolari del Mezzogiorno d’Italia, fondamentale nel cementare i rapporti all’interno delle comunità, nelle quali, queste naturali artisti di strada dell’epoca, costituivano fondamentali punti di riferimento che, a volte con leggerezza, a volte con rudezza, impartivano lezioni nelle feste così come nei momenti di lutto.
L’autrice ci racconta del percorso di crescita della coprotagonista, suo alter ego, all’ombra di Nannina, che “non si arrese alle asperità del campare, ci si mise a tuzzo”, tanto da essere presa per pazza e rinchiusa presso il Leonardo Bianchi, in un mondo dove le donne “battagliano tutti i giorni”. Il libro, inoltre, è un omaggio delicato a Secondigliano, quartiere dell’area nord di Napoli di cui l’autrice celebra colori, sapori, suoni ““non posso pensare ad altro che a trovare le parole giuste per parlare del quartiere nostro”.
E la Secondigliano di Spanò non è solo quella del pizzo e dei morti ammazzati dai “mastrisuocci”, ma è anche quella della biblioteca Guido Dorso e dei panzarotti da Carmeniello, con un ricordo dolcissimo di Stefania Bellone, inghiottita dal buco nero della voragine di Secondigliano. “In quel momento fu grata alla vita per averla fatta nascere là e grata a chi le aveva insegnato a riconoscere tanta bellezza tra le fiamme dell’inferno e a non abituarsi mai, né alla bellezza, né all’inferno”.
La scrittrice, poi, ci ricorda un po' di storia, rievocando un numero, il 219 della Legge del 1981, anno successivo al terremoto “nell’80 la terra tremò – il terremoto, come i medici e gli infermieri, non aveva bussato alla porta”. E 219, a Napoli e provincia vuol dire Parco Verde a Caivano, Taverna del Ferro a San Giovanni a Teduccio, Rione 25/80 a Chiaiano, Salicelle ad Afragola, 167 a Secondigliano “1981: molti dei quartieri brutti di Napoli sono nati quell’anno, per gli sfollati, per i terremotati, per quelli che avevano perso tutto”.
Tanti sono i riferimenti letterari presenti nel romanzo, da Basile a De Simone, da Dino Campana alla Ortese, passando per Filumena Marturano, con l’obiettivo di perpetuare la tradizione, nella difficoltà estrema di riassorbirla e riadattarla, con una grande fiducia nei confronti della parola e con una narrazione a tinte nette e coloratissime. L’impegno, quindi, è continuare a “cuntare”, per i vivi e per i morti, perché “seppure coi cunti non cambierò il mondo, è necessario continuare a cuntare affinché il mondo che ci piace non smetta di esistere”.
L’autrice
Stefania Spanò è cantastorie, interprete Lis e insegnante di sostegno nella scuola secondaria di primo grado. Conduce da anni laboratori di teatro, scrittura creativa, comunicazione empatica e poesia visiva nelle periferie turbolente dell’hinterland napoletano, nel resto d’Italia e all’estero. Come cantastorie porta in giro i cunti della tradizione di famiglia e quelli scritti da lei. Sogna di fare il giro del mondo con i suoi scugnizzi e tornare a Secondigliano con antidoti e pozioni esotiche di disobbedienza civile. Nannina è il suo primo romanzo.