Il Viaggio dell’Eroe
Preparatevi che oggi la prendo alla lontana. Ma devo dare un senso a tutto questo, e quando non trovo un senso io apro un libro e cerco di capire.
Dunque, in narratologia esiste una struttura che si chiama “viaggio dell’Eroe”. Teorizzato da Christopher Vogler, sceneggiatore statunitense di Hollywood, il viaggio dell’Eroe è costituito da dodici fasi, a loro volta declinabili in molteplici varianti, ma che hanno comunque delle tappe fisse. Quando dico “Eroe” non dovete pensare per forza a Ercole o Lancillotto: il viaggio è uno schema praticamente fisso di qualsiasi tipo di narrazione moderna, da Notorius a Pretty woman, da La Guerra dei Mondi a Harry Potter.
Il viaggio dell’Eroe inizia con la partenza dal mondo ordinario – dove il mondo ordinario è un mondo in cui il Napoli gioca bene, vince, perde, pareggia, fa la squadra normale in un campionato non sempre normale. Poi, nel mondo ordinario, arriva per l’Eroe la Chiamata all’avventura: è la sfida che l’Eroe è chiamato ad accettare, dove si stabilisce l’obiettivo e il percorso da farsi. Fuor di metafora: la Conquista del Coso. Attenzione: il percorso verso il Coso è irto di pericoli, e può comportare l’estremo sacrificio per l’Eroe. E infatti l’Eroe – che non è ancora Eroe titolato, ma sta studiando da Eroe – rifiuta la chiamata. Pensa di non farcela, perché egli ha una ferita, un punto debole. Se non lo avesse sarebbe un dio, invece è un essere umano (undici esseri umani in campo + allenatore e riserve). L’Eroe dunque esita sulla soglia dell’avventura: ce la faremo mai a intraprendere la conquista del Coso? L’Eroe è titubante – e vedi tu, l’ultimo Coso l’abbiamo conquistato più di sei lustri fa – ma poi accetta. È la gente che lo chiede. E l’Eroe – e noi ne abbiamo anche uno mascherato – accetta. Nella struttura del viaggio la decisione è presa grazie all’incontro con il Saggio, che guida, conforta, istruisce l’Eroe perché affronti l’avventura. Tipo Spalletti.
L’Eroe, dunque, accetta la sfida. Qui inizia sul serio la storia, e anche gli ostacoli: ci sono guardiani, esseri che cercano di fermare l’Eroe e che vanno ignorati, assorbiti, riconosciuti o trasformati in alleati. Nel nostro caso, non sono draghi e folletti, ma Inter, Lazio, Juve, Milan. Spesso gli arbitri. E vanno battuti, non ci sono alleati (tranne il Bologna, grazie Bologna, grazie). “Superata la paura, l’Eroe sceglie di affrontare il problema e agire e da questo momento è tenuto a proseguire nel viaggio e non può più tornare indietro” dice Vogler. Ha una responsabilità, e non può retrocedere. Attraversa un confine senza potersi più voltare (abbiamo messo chilometri di bandiere, e mo?). Cominciano nuove sfide e nuove prove, e persino una rottura: tutto sembra perduto, per l’Eroe. Magari quello mascherato ha perso la mascherina in Nigeria, per fare il primo esempio che mi viene in mente, e si infortuna. Magari la gente che lo ha sostenuto gli volta le spalle durante la sfida. L’Eroe si abbatte, ma quello che gli altri non sanno è che Egli ha imparato, sta imparando, ed è molto più saggio di quando è partito.
Ecco allora che si avvicina la Prova centrale, il momento critico della battaglia con l’Ombra. Il Verona in casa, ad esempio. Il ritorno di Champions con il Milan dopo una partita con l’arbitro peggiore dopo Moreno. Poi la Juve a Torino. Ce la farà l’Eroe? Il mascherato intanto è tornato e fa sentire tutto il suo vigore. Il pubblico pure. Siamo pronti per quest’ultimo pezzo di viaggio, e non abbiamo paura (più o meno, no, diaciamo di no).
Nel viaggio dell’Eroe il tutto si conclude con ricompensa, via del ritorno, resurrezione e ritorno con l’elisir. Il Premio, la Salvezza del Villaggio, la conquista dell’amato e dell’amata, il Santo Graal. O, appunto, il Coso.