Sanghenapule: Saviano Borrelli coppia straordinaria al Bellini
È difficile, se non impossibile, parlare di Napoli senza toccare il limite dello stereotipo. Ci riescono, meritandosi dieci minuti di applausi, Mimmo Borrelli e Roberto Saviano, nello spettacolo “Sanghenapule. Vita straordinaria di San Gennaro” in scena al teatro Bellini di Napoli fino al 22 ottobre prossimo.
Racconto e poesia si intrecciano per un’ora e mezza no stop, dove Saviano dà il meglio di sé non solo come affabulatore ma come storico del nostro tempo, riuscendo a collegare passato e presente della città in un continuum sociale e politico pieno di date, di rimandi, di punti significativi. Il giornalista e scrittore ricostruisce le tappe salienti della storia di Napoli a partire dal martirio di San Gennaro e dall’eredità, sacra e laica allo stesso tempo, del suo sangue miracoloso. Il sangue è il filo conduttore della narrazione a ritroso: quello che unisce tutti i napoletani in una fede unica al mondo e presenta San Gennaro come una sorta di rivoluzionario ante litteram, più che di uomo di chiesa. Scopriamo, di lui e su di lui, vicenda umana, leggende, aneddoti, ma anche quella peculiarità della migliore gente napoletana, di restare fermi sulle proprie posizioni, per quanto possano sembrare controproducenti e anche a volte un po’folli. Saviano intreccia date, coincidenze – come quelle sulle sciagure, eruzioni in testa, e il mancato scioglimento del sangue – ma arriva, alla fine, a parlare di uno dei temi a lui più cari: quello del conflitto politico che dura da secoli. Di una città che ha vissuto vari domini e che, pur essendo diventata un laboratorio rivoluzionario, ha ucciso le sue migliori intelligenze nella repressione della Repubblica napoletana del 1799. Passando per la città delle navi e dei milioni di emigranti in partenza per l’America, poi per quella più bombardata d’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, Saviano arriva a parlare di quella insanguinata dalla camorra, e tutto di Napoli sembra avere un senso compiuto, ogni contraddizione sembra risolversi e sciogliersi nel sangue che si rinnova ogni anno.
In questo flusso di parole entra la maestria di Mimmo Borrelli, attore e co-autore dello spettacolo con Roberto Saviano, che non recita, è ciò che impersona sulla scena. Un artista dalla bravura senza pari, capace di unire corpo e voce come pochi in teatro, declamando in una lingua barocca, a tratti incomprensibile, dove è la sonorità a prevalere, insieme alla fisicità totalizzante di chi si fa ora martire, ora poeta, mai semplicemente solo attore. Lo spettacolo – che ha le musiche originali e dal vivo di Gianluca Catuogno e Antonio Della Ragione e la regia di Mimmo Borrelli -
termina con una sua poesia inedita “Napoli Purgatorio di sangue in terra - che è anche una sorta di invettiva, “un pezzo che scrissi per fare l’esperimento linguistico di portare sulla pagina scritta qualcosa che evocasse una colata lavica, e che poi ha interpretato le mille anime di Napoli, i suoi innumerevoli ostacoli, cassetti nascosti, vicoli, in cui si celano ombre, da cui scaturiscono luci, affermazione e negazione, bene e male”, spiega Borrelli. “Sona sta tromba sona/’mmoccacchitammuorte./Napule nun perdona,/manco chi se sta accorte”.