Domenica, 17 Novembre 2024

Autismo: siamo ali della stessa farfalla, l’importanza di fare rete

“Siamo ali della stessa farfalla, dammi la mano e voleremo lontano, oltre i limiti e le barriere delle disabilità e dell'autismo”. Questo lo slogan utilizzato dall’associazione “Gli amici di Io sono Nicolò”, nata circa dieci anni fa per iniziativa della madre di un bambino autistico, Annarita Ruggero, che oggi è anche portavoce del Comitato Diritto alla Cura. La sentiamo in occasione della settimana di sensibilizzazione all’autismo: «È vero cha una giornata non basta e le iniziative poi finiscono, mentre per noi familiari e per i nostri figli, la lotta per far valere i diritti è quotidiana. Ma già che si accendano i riflettori sull’autismo e, più in generale, sulla disabilità, è importante: resta un’occasione per dare voce a chi spesso non ce l’ha».

L’esperienza di Nicolò

Annarita riconosce che sono ancora tante le battaglie da affrontare, dalla insufficienza delle risposte pubblica ai bisogni dei bambini e ragazzi autistici ai preoccupanti scenari del “dopo di noi”, ovvero cosa accadrà loro quando si ritroveranno senza famiglia o con genitori molto anziani che non potranno più prendersene cura. Eppure sostiene che giornate come quelle del 2 aprile siano preziose per aggiungere “gocce di consapevolezza”.

La metafora della farfalla da cui è nata l’icona della campagna “Anime blu in movimento”, cui hanno preso parte a Salerno 11 associazioni, proviene da un quadro del figlio scelta per rappresentare proprio i ragazzi come Nicolò, che spesso non riescono a stare fermi, scappano via come farfalle, difficili da trattenere.

Per suo figlio ha scelto la terapia ABA (Applied Behavioral Analysis, ovvero analisi applicata del comportamento"): si tratta di un metodo comportamentale che crea stimoli di apprendimento prendendo spunto da contesti e scenari di vita quotidiana. Nel caso di Nicolò, sta funzionando: «Fa questo tipo di terapia da sette anni e posso dire che ci sono stati molti miglioramenti, soprattutto perché oggi riusciamo ad avere un minimo di vita sociale. Ad esempio, al di là delle disfunzionalità e dei problemi che restano, riusciamo ad andare fuori a mangiare una pizza e a vivere altre piccole gioie quotidiane», spiega la donna. Che aggiunge: «Dopodiché, ogni ragazzo è diverso e ha bisogno di canalizzare a suo modo il suo interesse sociale ma soprattutto la famiglia dovrebbe avere la possibilità di scegliere, avendo contezza di tutte le possibilità».

I dati nazionali e locali sull’autismo

Ma scegliere tra cosa? I centri pubblici convenzionati in Campania sono pochi, le liste di attesa sono lunghissime, per lo più l’offerta è privata e ha dei costi piuttosto elevati, sacrifici che non tutte le famiglie possono permettersi, considerando poi che alle prestazioni sociali devono affiancarsi quelle sanitarie. Inoltre, c’è il tema di cosa sarà di questi ragazzi al compimento dei 18 anni.

Le stime della Regione e delle Asl, seppur in assenza di numeri ufficiali, confermano il trend in aumento. Nell’Asl Napoli 1 Centro, sono circa 250 i nuovi casi all’anno, con oltre 1000 bambini con diversi disturbi dello spettro autistico. Incidenza analoga si registra sul territorio dell’Asl Napoli 2 Nord, con oltre 1000 bambini autistici e 150 nuovi casi all’anno. 

Nel nostro Paese, sono circa 500mila le famiglie in cui c'è un caso di disturbo dello spettro autistico. Secondo dati del ministero della Salute un bambino su 77, nella fascia di età tra i 7 e i 9 anni, presenta disturbi del neurosviluppo, soprattutto i maschi (4,4 volte in più rispetto alle femmine). Seconda l'Istat, le diagnosi di disturbo dello spettro autistico nelle scuole nel precedente anno scolastico è aumentata di molto, fino a raggiungere 108mila casi.

L’importanza di fare rete

Se non ci fosse una rete presente sul territorio, in questo scenario caratterizzato da una scarsità di servizi capaci di far fronte alla complessità, sarebbe ancora più complicato andare avanti per i caregiver. Come sottolinea Annarita Ruggero: «Dalla scuola che fatica ad includere alla mancanza di operatori specializzati all’interno delle strutture, sono poche le esperienze virtuose, ma quello che c’è va valorizzato, messo a sistema, se possibile duplicato altrove. Noi, con la nostra associazione, abbiamo creato un format innovativo capace di arrivare al cuore delle persone, i ragazzi creano ad esempio dei portachiavi all’interno dei nostri laboratori solidali, che hanno un significato: sono la chiave di accesso per chi voglia entrare nel loro mondo. È un modo di fare inclusivo, al di là delle barriere e anche delle parole stesse».

«Più che del “dopo di noi2, bisogna occuparsi del “con noi” – conclude la presidente dell’associazione “Gli amici di Io sono Nicolò” - Lavorare sulle progettualità e creare delle sinergie, ad esempio tra istituzioni e privati, associazioni e cittadini, proseguendo l'opera di sensibilizzazione».

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Maria Nocerino
Author: Maria Nocerino
Sociologa e giornalista professionista, è specializzata nel giornalismo sociale. Ha collaborato con l’agenzia di stampa Redattore Sociale e con il quotidiano Roma per le pagine della Cronaca. Collabora con la rivista Comunicare Il Sociale.

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