Crollo della Vela Celeste: tragedia annunciata
Una tragedia annunciata, frutto dell’assenza dello Stato e del totale abbandono da parte delle istituzioni. La pensano così a Scampia, dove ieri sera poco prima delle 23 è crollato un ballatoio della Vele Celeste causando la morte di uomo di 29 e una donna di 35 anni, oltre al ferimento di altre 13 persone, di cui 7 bambini, alcuni dei quali si trovano ancora in condizioni molto critiche. Il bilancio, non ancora definitivo, parla anche di circa 800 sfollati che dovranno essere ricollocati.
Ricordiamo che nel piano di riqualificazione Restart Scampia, era previsto l’abbattimento della Vela Rossa e quella Gialla mentre la Vela Celeste, ovvero quella interessata dal crollo di ieri sera, doveva restare in piedi, a simboleggiare la rinascita della periferia napoletana.
In questo momento, mentre continuano le ricerche e sul posto arrivano rinforzi e rappresentanti istituzionali, si attiva anche la grande macchina della solidarietà. Chi può fa la sua parte.
Come Ciro Corona, presidente della cooperativa (R)esistenza Anticamorra, che ha già annunciato che metterà a disposizione l’Officina delle culture Gelsomina Verde per le famiglie di sfollati o chiunque non sappia dove andare.
Ciro Corona: “Aiutiamo queste persone, intanto le ospitiamo all’Officina delle culture”
«Una sciagura che ha una responsabilità politica enorme, che non risale ad oggi, ma a ben 6 anni fa. Nessuno si senta escluso. Se lo Stato fosse intervenuto davvero su questo territorio, questa tragedia si sarebbe potuta evitata» sottolinea Ciro Corona.
«In questo momento, mi trovo sul luogo della tragedia, ho incontrato, tra gli altri, l’assessore comunale Luca Trapanese, al quale ho già dato piena disponibilità da parte nostra ad ospitare 30 persone presso la nostra sede in via Ghilseri. L’Officina delle culture è una struttura al servizio del territorio. Al di là del lavoro della magistratura che dovrà fare il suo corso, bisogna dare risposte a queste persone che ora vivono ancora di più nell’incertezza. Molte di loro non vogliono o non sanno dove andare».
Un ultimo appello del presidente della cooperativa (R)esistenza Anticamorra: «Invito tutti a venire qui e stare su questi territori, di Scampia ci ricordiamo solo quando accadono tragedie come questa».
Giovanni Zoppoli: “In venti anni non siamo riusciti a installare una panchina in piazza”
Dello stesso avviso Giovanni Zoppoli, responsabile del Centro Territoriale Mammut di Scampia: «Questa è solo la conseguenza di una mancanza di cura del quotidiano da parte dello Stato che spesso delega il privato, quello sociale o semplicemente il mercato. Ma è solo la punta dell’iceberg, questa situazione va avanti da tanto tempo».
Zoppoli parla di “narcisismo istituzionale”. «Qui si parla sempre di grandi progetti finanziati ma poi tutto si perde nell’incuria del territorio. Su Scampia si accendono i riflettori quando arriva l’onda mediatica per tragedie come questa, poi tutti spariscono, a partire dalle istituzioni, locali e nazionali».
«Sono venti anni che vogliamo installare una panchina qui, in piazza Giovanni Paolo II, e non ci riusciamo, questo è un motivo di fallimento, al di là di tutti gli interventi positivi e le buone pratiche realizzare in questi venti anni grazie alla rete di associazioni e cooperative che pure hanno fatto tanto per cambiare l’immagine di Scampia nel mondo».
Insomma, qualcosa si è mosso negli ultimi 20 anni: il quartiere, un tempo simbolo di degrado e noto per essere la principale piazza di spaccio d’Europa, ha sicuramente vissuto un riscatto sociale, è nata l’università e si sono moltiplicate le esperienze di resistenza. Ma non basta: «Scampia è come un minotauro, da una parte c’è la resistenza, dall’altra il senso di impotenza e la rassegnazione. In questi anni, tutto quello che è stato fatto, è partito dal basso, dalla semplice pulizia delle strade. Si parla di grandi progetti e ci ritroviamo con una villa comunale, tra le più grandi di Napoli, chiusa per mancanza di manutenzione».
«Anche le cose semplici non si fanno e questo è motivo per noi di grande frustrazione. Ci troviamo davanti a una macchina istituzionale che non riesce a fare nulla, se non in una deriva assistenzialista e pietistica» aggiunge Giovanni Zoppoli. Che conclude: «Si continua a vedere Scampia come il rifugio degli ultimi, dei disperati, e non come una parte di Napoli. Anche quello che è successo ieri sera alla Vela Celeste, non è un problema di questo quartiere ma la conseguenza della mancanza di un piano casa nell’intera città».
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