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Il Napoli, il Milan e la casa dei Puffi

Napoli-Milan è una partita che mi piace sempre. È una sfida vintage, una sfida anni Ottanta. Una sfida romantica, se vogliamo.
Napoli-Milan è una partita che mi piace sempre.
Mi ricorda un calcio bellissimo, mi ricorda l’infanzia – e forse il calcio bellissimo è il calcio dell’infanzia, e le due cose semplicemente coincidono – i pomeriggi a casa della mia vicina, sedute sul tappeto, con l’aranciata e i biscotti, e la Ferrari di Barbie e le busta dei Puffi sul tappeto, e mi ricordo nitidamente dei modi subdoli in cui lei, milanista figlia di milanista, provava a convincermi che Gullit fosse meglio di Diego. Figuriamoci.
E io cercavo di farle capire che sì, i giocatori del Milan erano anche molto bravi, che Gullit, van Basten e Rijkaard li avevano certamente pagati un sacco di soldi, come diceva lei (pfui, capitalista. Del resto, aveva anche la villa di Barbie con l’ascensore e una desiderabilissima, già all’epoca introvabile, casa dei Puffi, maledetta), ma Diego era più bravo di tutti e tre insieme. Che poi, Gullit con quelle treccine mi stava persino simpatico, e van Basten aveva un’aria amabile – non avrò detto così a otto anni, ma insomma, ci siamo capiti – e quando anni dopo si è rotto tutto e l’ho visto con il bastone a bordo campo io ho pianto, lo giuro, ho pianto, però no, Diego era un’altra cosa, il Napoli era un’altra cosa.
Napoli-Milan è una partita che mi piace sempre, e quando vinciamo, beh, mi piace ancora di più. Mi ricorda il mio tifo incrollabile.
E ieri sera è stata una vittoria bellissima. Come quella della mia infanzia o quasi.
Il modo in cui siamo scesi è stato diverso, bello combattivo. Sarà la carica data da Serena Brancale, non so. Facciamola venire più spesso, che vi devo dire.
Neres è tornato, e la sua presenza si vede, ha segnato finalmente di nuovo Politano, ha segnato Lukaku, McTominay non c’è, ma alla fine teniamo anche senza di lui. Il ritorno di Neres ha fatto la differenza, così come segnare a sessanta secondi dal fischio d’inizio, neanche il tempo di iniziare e di sedersi sul divano, neanche il tempo di ripensare alla casa dei puffi della mia vicina di casa milanista figlia di milanista, che Politano segna. Bellissimo.
Insomma, un fatto così dà una diversa impostazione mentale alla partita. Il Napoli gioca bello pimpante per tutto il primo tempo, il Milan è rimasto scioccato da quel goal, mi è sembrato riprendersi all’inizio del secondo tempo, quando il rigore parato da Meret gli ha dato uno secondo shock, e poi davvero si è dato una scossa soltanto nella seconda metà del secondo tempo, tardi per fortuna.
Ma non abbastanza tardi, attenzione, da non farci tremare nell’ultimo quarto d’ora, quando hanno segnato il gol che, come si dice “riapre la partita”: una sofferenza atroce, ma perché? Perché non possiamo arrivare alla fine dei novanta minuti più recupero senza torcerci come capitoni sofferenti e gridare, piagnucolare, mettere la testa nel cuscino per non guardare, avendo la voglia di scappare per non assistere a quell’ultimo maledettissimo quarto d’ora. Ma che abbiamo fatto di male, eh?
Napoli-Milan è una partita che mi piace sempre.
E ieri sera ancora di più.
Anche se ho vissuto quindici minuti di pura agonia.
Anche se tuttora non ho quella desiderabilissima casa dei Puffi.
Mannaggia.
(Foto di Carlo Hermann)