Autonomia differenziata: fermiamola con il referendum
Ho perso il conto degli amici che mi chiedono candidamente cosa sia questa autonomia differenziata. Proprio come se ne avessero sentito parlare per la prima volta. Se fossi un tipo arrendevole, getterei la spugna perché ne parlo dal primo giorno in cui Calderoli ha presentato il progetto. Non è tempo però per le recriminazioni, bisogna darsi da fare.
La Cgil e le opposizioni annunciano la raccolta di firme per il referendum abrogativo. Un referendum che si deve vincere. La maggioranza degli italiani è contraria all’autonomia. Però prima del referendum i presidenti di regione possono ricorrere alla Corte Costituzionale. Spero che il presidente De Luca lo faccia subito dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.
In realtà l’autonomia differenziata esiste già di fatto nella sanità, e sappiamo tutti cosa significa curarsi con la sanità pubblica in Campania e al Sud. Budget per le prestazioni che finisce dopo la prima settimana, liste d’attesa lunghissime per esami e visite specialistiche, barelle nei corridoi.
Ecco, prendete la sanità ed estendetela alla scuola, alle grandi vie di comunicazione, al commercio internazionale, eccetera e avrete un quadro realistico della situazione. In pratica, l’Italia si spacca in 20 staterelli regionali che hanno competenza su materie di grande rilevanza e trattengono l’80% del gettito fiscale.
E chi ci dice che un concorso per infermiere domani non assegni punteggio superiore a chi ha concluso gli studi in una determinata regione, che so, la Lombardia? Una regione ricca può offrire il doppio dello stipendio a un medico o a un professore? Certo, potrà farlo ancora più liberamente di oggi.
Se la riforma come ho precisato mille volte deve costare zero e le regioni più ricche tratterranno buona parte delle tasse, è matematico che questo vorrà dire ancora meno soldi al Sud. I LEP magnificati da un importante quotidiano cittadino ormai melonizzato cristallizzeranno la situazione attuale nella migliore delle ipotesi. Lo spiega bene Bianchi della Svimez.
Tornerò ovviamente più volte sull’argomento, ma stavolta stiamo attenti. Non è un modo di dire: si rischia sul serio di spaccare questo paese rendendolo ancora più disuguale. E il Sud più povero.