Giovedì, 21 Novembre 2024

Il caso della piccola Assunta e le risposte sociali che mancano

Inevitabilmente carnefici, se sotto i loro colpi rischiano di morire innocenti e inconsapevoli una bambina di 10 anni e i suoi genitori a Sant’Anastasia. Inevitabilmente, perché lo scenario è quello di sempre. Uno scenario a cui ci siamo tristemente abituati e che ogni volta corrisponde alla lettera. Un’istantanea ad alta definizione sempre uguale a sé stessa, piuttosto che un generico identikit.

E anche questa è un’immagine che non sorprende. Come il resto, come il video dell’arresto che finisce su TikTok, come i cuori spezzati nei commenti e i “vita mia” di contorno. 17 anni uno, 19 l’altro. Armi da fuoco. Una mitraglietta da guerra, addirittura. Entrambi provenienti dalle case popolari, uno dei cosiddetti parchi dei «napoletani» di cui è stata disseminata l’allora provincia, riempiendoli di sfollati del terremoto del 1980. E poi nient’altro, nessuna struttura aggregativa, zero servizi, niente da fare. Cemento a vista che dopo qualche anno già si sgretola, sotto i colpi inclementi della pioggia, arrostito dal sole. La parrocchia, se proprio gli abitanti sono fortunati. Sarà un caso, ma questi non luoghi di cui abbondano anche le periferie cittadine sono catene di montaggio di giovani criminali.

Anche il contesto familiare è sempre lo stesso. Il padre di uno dei due ragazzi ammazzato con un colpo di pistola alla schiena nel 2014, quando lui aveva appena 8 anni. Il padre dell’altro considerato invece da sempre organico a un clan. Questa prossimità, di cui parla Isaia Sales e che io spesso ho ripreso, spiega bene la disponibilità di armi da fuoco che hanno questi ragazzini. Ecco, se si allarga l’obiettivo a tutto il contesto diventa difficile non pensare che oltre che carnefici sono allo stesso tempo vittime. Quando lo dico, mi etichettano come troppo indulgente.

Io credo invece di essere solo realista. Come animate da realismo e buonsenso sono le parole del pm nazionale anticamorra Antonello Ardituro, quando dice che non si è costruito «un modello culturale alternativo» attrattivo per questi giovani. Un modello capace di integrare un’offerta sociale, economica e culturale in senso lato. Quindi risorse, assistenti sociali, biblioteche telematiche, centri sportivi, laboratori e tutto quello che si riesce a mettere in campo per valorizzare gli esempi positivi, le scelte di chi pur crescendo in certi contesti dimostra che delinquere non è una via obbligata. «La risposta non può essere solo giudiziaria» dice Ardituro e io credo che abbia profondamente ragione.

Sergio D'Angelo
Author: Sergio D'Angelo
Napoletano, tra i massimi esperti di politiche sociali, terzo settore e finanza etica in Italia. A lui si devono numerose battaglie per il lavoro, l’istruzione, le pari opportunità, la sanità, il welfare. Fondatore e presidente del gruppo di imprese sociali Gesco, è stato assessore comunale al welfare e commissario straordinario dell’ABC, azienda speciale per la gestione dell’acqua pubblica del Comune di Napoli. Nell’ottobre 2021 è stato eletto in consiglio comunale come capolista di Napoli Solidale. È giornalista pubblicista e opinionista del Corriere del Mezzogiorno.

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