Venerdì, 26 Aprile 2024

18 dicembre, i diritti dei migranti

18 dicembre: Giornata internazionale per i diritti dei migranti.

Correva l’anno 2000 quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite decise con questa giornata di riconoscere i diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, che lasciavano il loro Paese d’origine in cerca di lavoro, libertà e una vita più dignitosa.

Dieci anni prima era stata approvata la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti ma dobbiamo andare più indietro nel tempo per ricordare come tutto nacque.

Era il 1972. Un camion che trasportava macchine da cucire ha un incidente nel tunnel del Monte Bianco. Ventotto lavoratori del Mali muoiono.

Ventotto lavoratori che si erano nascosti nel camion, e viaggiavano da vari giorni diretti in Francia.

Volevano una vita diversa, qualcosa a cui ogni uomo ha diritto: lavoro, non sfruttamento, un domani migliore… Ma la tragedia li aveva travolti.

Da allora le Nazioni Unite, sensibilizzate alla vicenda, decisero di occuparsi della tutela dei lavoratori migranti.

Oggi viviamo ogni giorno il flusso migratorio di centinaia di persone che affrontano l’ignoto, che fuggono da guerre, carestie, povertà e vita precaria per cercare per se stessi e le loro famiglie un futuro diverso, qualcosa che assomiglia a una speranza.

Centinaia di persone finiscono nel mirino, muoiono in mare, vengono detenute dalle milizie in Libia in condizioni di vita terrificanti, arrivano in paesi diversi da quelli d’origine e si trovano a scontrarsi con soprusi, criminalità organizzata che li cattura nelle sue maglie, sono soggetti a discriminazione, condizioni di vita precarie, sfruttamento del loro lavoro.

Centinaia di persone che lottano per i propri diritti vedono non riconosciuti quei diritti elementari alla vita.

Siamo fortunati, siamo nati nei Paesi del benessere, abbiamo le condizioni di vita migliori su tutto il pianeta, viviamo nel superfluo e in una continua corsa al consumo, sarebbe naturale accogliere e garantire anche a chi è meno fortunato quella possibilità che a noi è stata data dalla nascita.

Era poco più della metà dell’Ottocento, si era da poco unificata l’Italia quando iniziò la Grande Migrazione degli italiani in America. Nel primo ventennio furono coinvolti gli abitanti delle regioni settentrionali, Piemonte e Veneto. La grande crisi economica che investì il Paese e la povertà costrinsero più di cinque milioni di italiani a cercare il proprio futuro altrove.

Nel ventennio successivo toccò alle regioni meridionali. Furono tanti gli italiani, di cui molte famiglie, che abbandonarono la loro terra natia. Si imbarcavano in un’epoca in cui non era facile tornare. Lasciavano spesso i loro fratelli, i loro padri, e l’America era chiamata “la terra della dimenticanza” e insieme della speranza, speranza per chi andava, dimenticanza per chi restava.

Restavano le madri ad aspettare i figli che non sarebbero più tornati. Restavano le lettere scritte da chi andava analfabeta e poi imparava lì in America a leggere e scrivere, le madri rimaste nella terra avara e amara si facevano leggere quelle lettere, si piangeva di nostalgia ma si benediva il figlio che lì lontano qualcuno aveva accolto.

Si benediva il figlio che aveva avuto l’opportunità di studiare e lavorare. L’America, terra ricca, accoglieva. Si partiva contadini, poi si lavorava, lavori umili ma si mettevano da parte soldi per studiare, poi magari ad alcuni più fortunati capitava di laurearsi e si scavava il divario con quella famiglia povera a cui si inviavano soldi, e durante la guerra i pacchi “care” con ogni genere di conforto.

L’America era “altrove”, non c’erano aerei allora, e a poco a poco ci si rifaceva una famiglia e si dimenticava.

Si dimenticava la povertà, il dolore, le poche risorse da cui si era fuggiti...

Tutti dimenticavano. Restavano le trame, le narrazioni di padre in figlio che poi sbiadivano, finché gli “oriundi” italiani che abitavano New York o Philadelphia non diventavano completamente “americani”, grati a quella terra che aveva aperto loro un nuovo mondo.

Ognuno di noi ha nella propria famiglia tasselli, mosaici antichi, storie di migranti, antenati che hanno lasciato la loro terra in cerca di speranza.

Se solo ricordassimo.

Se solo facessimo pace con ciò che ci appartiene, con la nostra storia di ieri.

Ci sarebbe un’unica Storia, un fluire “attraverso”, e non ci sarebbe spazio per le dighe, per i confini.

Buon 18 dicembre.

Chiara Tortorelli
Author: Chiara Tortorelli
Creativa pubblicitaria, editor e scrittrice, vive a Napoli dove inventa nuovi cultural life style: come presentare libri in maniera creativa e divergente, come scrivere i libri che ti piacciono davvero, come migliorare la creatività e il benessere personale con metodologie a metà strada tra stregoneria e pensiero laterale. Il suo ultimo libro è “Noi due punto zero” (Homo Scrivens 2018). Cura per Napoliclick la rubrica “La Coccinella del cuore”.

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