Le Tre donne della Pasqua
Furono le donne a restare ai piedi della Croce.
Tre donne, tre Marie, Maria la Madre, Maria Maddalena, Maria di Cleofa.
Furono le donne, solo tre donne che riuscirono a non arretrare e a guardare in faccia la morte di Gesù.
Tre donne, tre simboli del femminile, riuscirono integre ad attraversare il dolore.
Così ci raccontano i Vangeli.
E io vorrei raccontare la Pasqua oggi narrando la metafora delle tre “pie” donne, che come Persefone attraversarono la soglie dell’Oltre, e poterono assistere alla “resurrezione”.
Sono tre stati di coscienza fondamentali che designano l’Essere.
Maria, la Madre, era la Vergine, cioè l’integra, la trasparente, la non toccata dalla dicotomia del mondo. Maria era colei che contemplava la vita, l’amore per il divino si manifestava con lei, attraverso la mistica della contemplazione, cioè l’essere tutt’uno con lo stato dell’Oltre, con l’Amore al di là della separazione.
Per questo vergine. Maria non può essere toccata dal male, poiché è al di là del male come noi lo intendiamo.
La donna trasparente si contempla in uno specchio trasparente ed è nell’assoluta perfezione di ciò che si manifesta adesso vergine, perché non giudicato dalle categorie mentali, amato perché vuoto e chiaro, luminoso perché accettato e com-preso, cioè preso dentro di Sé. Nasce il Cristo da un’assoluta integrità dell’atto di resa di Maria. Maria è l’incorruttibile, la diamantina. Sempre vergine all’esperienza vitale.
Maria Maddalena è l’Amante. Colei che si specchia nell’Altro e lo riconosce. Colei che ama perché si ama, e che attraverso l’amore compie il cammino di conoscenza prendendo dentro di sé le parti del mondo amate e quindi com-prese.
Maddalena ha molto amato e molto le sarà perdonato, è l’eretica, colei che con cor-aggio, cioè con l’agire del cuore, va oltre le strette categorie mondane.
Vive l’esperienza nel cuore e risveglia l’emozionale superiore attraverso il coraggio dell’atto di amore.
Maria di Cleofa è la sorella di Maria la Madre, ed è ella stessa madre dei tre apostoli cugini di Gesù. È colei che resta accanto, colei che fa ciò che serve, accompagna Gesù al Calvario, porterà gli unguenti per cospargere il corpo morto, accompagna i due principi dell’Amore (Maria Maddalena) e della Contemplazione (Maria, la Madre) attraverso la terza forza dell’Azione consapevole.
Nelle tre Marie si ricostruisce il principio della Trinità, Padre, Forza attiva che agisce (Amore, Maria Maddalena), Figlio, Forza passiva che accoglie (Contemplazione, Maria, La Madre), Spirito Santo, Forza che integra (Azione consapevole, Maria di Cleofa).
Donne perché nell’esperienza iniziatica evolutiva ci si serve del principio femminile come chiave di ascesi per il genere umano.
Dalla donna nasce la vita e dal suo utero il potenziale sacro e l’energia sessuale per l’evoluzione. La donna è ponte e null’altro come il corpo di una donna è a contatto col mistero della vita e della morte, e con il sacro uroboros, il serpente che si morde la coda, il tempo ciclico.
Il corpo della donna muore ogni mese col ciclo mestruale e poi rinasce e genera la vita. Potente simbolo e strumento alchemico di trasformazione delle energie.
Chi se non una donna una e trina, (le Tre Marie) poteva assistere alla morte dell’Uomo, alla trasformazione del suo corpo e alla sua rinascita?
Fu Maria Maddalena, l’Amore vivente a vedere con gli occhi del cuore il mistero della resurrezione.
E noi abbiamo bisogno dell’energia femminile…
In un mondo dove impera il tecnicismo e il controllo raziocinante del maschile, quel tecnicismo che guarda tutta l’esperienza vitale con l’arrogante e miope binocolo scientista e che pretende prove (San Tommaso), dobbiamo riportare le tre M, le tre Miriam del mistero sacro nel cuore di ciascuno per poter vivere la morte come altra faccia della vita e infrangere il tabù della fine delle cose, che non è fine ma semina di un nuovo inizio.
Accogliere il mistero e agire dal cuore con cor-aggio la trasformazione alchemica delle emozioni, per poter contemplare la bellezza infinita dell’Esistere e risorgere.
(In foto “Tre donne” di Boccioni)